BEN BELLA

Cuba rivoluzionaria nell’Algeria di Ben Bella

di Paco Azanza Telletxiki; da: rebelion.org; 18.4.2012

 

Lo scorso 11 aprile è morto ad Algeri Ahmed Ben Bella. Aveva 96 anni e per meno di tre – lo rovesciarono il 19 giugno 1965 con un colpo di Stato – era stato primo Ministro dell’Algeria, il primo dopo l’ottenimento dell’indipendenza. Nel corso del suo breve mandato – ma anche da prima – Ben Bella conobbe l’aiuto altruistico di un popolo fratello: quello cubano. Cuba rivoluzionaria appoggiò sempre la causa algerina e la fece sua alle Nazioni Unite. Il 27 giugno 1961 fu l’unico paese dell’emisfero occidentale a riconoscere il governo algerino in esilio. Ma la solidarietà dei cubani con quel popolo arrivò molto più lontano, come potrete scoprire in questo articolo.

La solidarietà offerta da Cuba rivoluzionaria all’Algeria di Ahmed Ben Bella fu, inoltre, l’inizio del grande e disinteressato aiuto prestato a gran parte del continente africano, sia dal punto di vista civile – con l’invio di medici, di operai edili, di maestri – che dal punto di vista militare – Congo, Angola, Guinea Bissau, Etiopia …

 

Tutto cominciò con il viaggio di Jorge Ricardo Masetti (1) a Tunisi. Inviato da Cuba nell’ottobre 1961 con un messaggio che offriva aiuto al Fronte di Liberazione Nazionale, il messaggero si riunì con i leaders ribelli che lottavano per l’indipendenza dell’Algeria dal 1954. Quale risultato della riunione si decise che Cuba avrebbe inviato armi. In effetti, nel dicembre dello stesso anno, la nave cubana Bahìa de Nipe salpò dall’Avana con un carico di armi da sbarcare a Casablanca. Dalla città marocchina, nel gennaio 1962, queste vennero trasportate nel campo del FLN vicino ad Oujda,vicino alla frontiera algerina. Nel tornare all’Avana il Bahìa de Nipe salpò con a bordo 78 guerriglieri feriti e venti bambini dell’accampamento dei rifugiati, in maggioranza orfani. Pochi mesi più tardi, il 3 luglio del 1962, l’Algeria raggiunse la sua indipendenza dalla Francia.

 

In seguito, già come Primo Ministro dell’Algeria – era stato eletto dall’Assemblea nazionale il 26 dicembre – e approfittando della sua visita a New York per assistere alla cerimonia di ammissione del suo paese alle Nazioni Unite, Ahmed Ben Bella andò a Cuba. La visita avvenne il 16 ottobre 1962 ed egli arrivò dagli Stati Uniti a bordo di un aereo cubano, dopo una riunione con Kennedy che lo aveva ricevuto a Washington.

Paragonando i due paesi e i loro rispettivi abitanti, il leader algerino fece queste simpatiche dichiarazioni:

“Quello che più mi è mancato negli Stati Uniti è il calore della compagnia umana. Gli Stati Uniti sono un muro … un muro che separa le persone. Quello che manca è la comunicazione tra la gente … Mi ha sorpreso l’assenza di quel calore umano che è, per noi algerini, un elemento essenziale della vita senza il quale non possiamo respirare. Con che piacere, quindi, ci siamo immersi – appena saliti sull’aereo – nella cordialità dei cubani. Ci eravamo appena seduti quando ci hanno offerto un eccellente caffè, molto forte, molto dolce, molto fragrante, che è stato un cambiamento benvenuto dopo il pallido beveraggio che negli Stati Uniti chiamano caffè. Abbiano cominciato subito a parlare, non so in che lingua perché loro non parlavano arabo e io so solo un po’ di spagnolo … ma l’amicizia ha vinto tutto … tra cubani e algerini la comunicazione si è dimostrata essere immediata e profonda”.

 

Naturalmente fece altri tipi di commenti. Celebrò l’eroismo dell’Esercito Ribelle nel rovesciare la tirannia di Fulgencio Batista e la successiva vittoria di Playa Giròn; ringraziò Cuba per l’aiuto prestato; chiese agli Stati Uniti la restituzione della base navale di Guantànamo e appoggiò risolutamente la – in quel momento – ancor giovane Rivoluzione. “Come Cuba è stata con l’Algeria in ogni momento, così l’Algeria sta e starà con Cuba”, disse Ben Bella. Coraggiose parole e coraggioso viaggio che, come ci si poteva aspettare, non piacque per nulla all’inquilino della Casa Bianca.

Ricordiamo che quelli erano momenti molto tesi tra Cuba e gli Stati Uniti, e che un giorno dopo la visita ricordata scoppiò la Crisi di Ottobre, quella dei famosi missili.

Fidel lo accolse ricordando le somiglianze tra le due rivoluzioni e sottolineò il gesto coraggioso e nobile del leader algerino dicendo: “Visitare Cuba quando il ricco e potente impero yankee raddoppia la sua ostilità e il suo odio per noi e, con minacce e ricatti, cerca di imporre un criminale blocco economico e commerciale (questo alla fine si impose e dura da oltre 50 anni) con la speranza di schiacciare la Rivoluzione per fame, visitare Cuba quando gli imperialisti yankee minacciano anche di attaccare il nostro paese in qualsiasi momento e di soffocare nel sangue il lavoro creatore del nostro popolo è, da parte sua, signor Primo Ministro, un atto di coraggio e di risolutezza che definisce il suo carattere; è un gesto di amicizia che mai dimenticheremo. E’ anche un atto che rende onore alla nazione algerina davanti ai popoli del mondo.”.

 

Non molto tempo dopo, il 24 maggio 1963, arrivò in Algeria una missione di medici cubani. Al paese magrebino succedeva un po’ come a Cuba. Dei pochi medici che c’erano sul suo territorio, la maggioranza era francese e molti di essi erano tornati al loro luogo di origine appena proclamata l’indipendenza.

Il personale medico inviato dal Governo cubano non era molto numeroso – 45 uomini e 10 donne – ma il fatto è che in quell’epoca neanche Cuba aveva molti medici – dei 6.000 che c’erano prima del trionfo rivoluzionario, 3.000 avevano abbandonato l’Isola attratti dagli alti stipendi offerti dal governo degli Stati Uniti. Ma credo che vada sottolineato come un paese sottosviluppato – Cuba – offerse aiuto totalmente gratuito ad un altro paese – l’Algeria – con una situazione ancor più complicata in quel senso del paese caraibico.

 

Cuba iniziò in Algeria le missioni internazionaliste di civili – mediche in questo caso concreto – che non interruppe mai, neppure nei peggiori momenti del periodo speciale. A partire dall’esperienza algerina, queste missioni aumentarono rapidamente, a beneficio – in forma completamente altruistica – di una buona quantità di paesi fratelli (2).

 

E se questa fu la prima collaborazione medica di Cuba rivoluzionaria nel mondo, anche il primo invio di personale militare nel continente africano fu con destinazione Algeria. Più sopra ho detto che vennero inviate armi per appoggiare i ribelli nella loro lotta per l’indipendenza. In questa seconda occasione arrivarono, in territorio algerino, armi e combattenti, in tutto 686 effettivi.

Durante l’estate 1963 il Marocco cercò di spostare la frontiera con l’Algeria per appropriarsi delle miniere di ferro di Gara Yebilet, cosa che le autorità algerine logicamente non potevano permettere. Poiché non si giungeva ad alcun accordo, le armi divennero così protagoniste del conflitto con l’inizio della cosiddetta Guerra del Deserto. Militarmente il Marocco era superiore all’Algeria – aveva meno soldati ma il suo esercito era meglio equipaggiato e addestrato. Così Ben Bella chiese aiuto a Cuba, aiuto che non si fece aspettare, materializzandosi nell’ottobre 1963.

Fortunatamente gli internazionalisti non giunsero a combattere. Le autorità marocchine, accortesi dello sbarco ad Orano di truppe e armamento cubano, sopravvalutarono il nemico. Sopravvalutazione che, sommata alla mancanza degli aiuti sperati da parte dei loro amici occidentali, finì per far loro paura quel tanto che bastava. In queste condizioni, il 29 ottobre, Ben Bella e Hassan II si riunirono in Mali e il giorno seguente firmarono il cessate il fuoco che favorì il ritorno, nel febbraio 1964, alla situazione precedente le ostilità.

 

Il comportamento solidaristico di Cuba è qualcosa di veramente ammirevole. I cubani conoscevano il rischio che correvano con la Francia e il Marocco aiutando il popolo algerino, ma non per questo non risposero alla chiamata di Ben Bella. Con il loro appoggio al FLN si esposero alle rappresaglie del presidente francese Charles De Gaulle – per fortuna queste, alla fine, si limitarono a problemi con la Francia ma senza arrivare alla rottura diplomatica. Con il Marocco fu diverso. Le autorità marocchine avevano appena firmato con Cuba un contratto di tre anni per l’acquisto di un milione di tonnellate di zucchero per l’importo di 184 milioni di dollari. In quel momento, oltretutto, gli Stati Uniti cercavano di paralizzare il commercio estero di Cuba. A seguito dell’aiuto cubano all’Algeria nella Guerra del Deserto, Rabat ruppe le relazioni diplomatiche con l’Avana; lo fece il 31 ottobre 1963 e cercò un altro fornitore di zucchero. Interessato com’era a riprendere il controllo dell’Isola, il governo degli Stati Uniti collaborò alla ricerca, ma il prezzo sul mercato mondiale dello zucchero era in quel momento di 10,3 centesimi alla libbra, e non trovarono un produttore che lo vendesse a 8,4 – il prezzo di Cuba. Così che, nonostante la disapprovazione statunitense, al Marocco non restò altra alternativa che riallacciare le relazioni con il Governo Rivoluzionario e tener fede al contratto.

 

Come ho segnalato all’inizio di questo scritto, Ben Bella fu rovesciato con un colpo di Stato il 19 giugno 1965. Otto giorni dopo – il 28 – lasciato da parte il linguaggio diplomatico, Fidel parlò come rivoluzionario. Criticò duramente quanto era successo e i suoi responsabili – Houari Boumedienne e Abdelaziz Bouteflika. Sottolineò “l’idealismo e la generosità di spirito” di Ben Bella, ringraziando in nome del suo popolo l’amico che “senza nulla da guadagnare – senza aspettarsi alcun beneficio materiale – era venuto a Cuba (nell’ottobre 1962) esponendosi all’ira imperialista in quei giorni amari”. Parlò, per la prima volta, dell’aiuto cubano – con armi e combattenti – all’Algeria nella cosiddetta Guerra del Deserto dell’ottobre 1963. “Noi – disse Fidel – un piccolo paese minacciato spietatamente dagli imperialisti, abbiamo inviato alcune delle nostre migliori armi al popolo algerino. Purtroppo è possibile, persino probabile, che queste armi che hanno lasciato le nostre spiagge in un momento di gloriosa e bella solidarietà per difendere la rivoluzione algerina e il suo popolo, possano essere state usate ora, in questo momento di vergogna, in questo atto fratricida, contro il governo ed il popolo d’Algeria”.

Naturalmente le parole di Fidel non piacquero ai golpisti. Il loro leader, Boumedienne, fece chiudere l’ufficio di Prensa Latina ad Algeri e l’ambasciatore algerino a Cuba lasciò l’Avana, e così si raffreddarono notevolmente le relazioni tra i due paesi. Solo a fine anni ’60 si verificò un miglioramento delle stesse. Attualmente queste sono buone, anche se non come quando l’Algeria era governata dall’appena scomparso Ben Bella, un uomo sincero che arrivò a dire: “Se è necessario, sono disposto a sacrificarmi per Cuba. Se si schiaccia o si strangola la Rivoluzione cubana, questo sarebbe causa di disperazione perché significherebbe che in questo mondo non vi è posto per la giustizia, per la dignità”.

 

Fortunatamente, 53 anni dopo essere nata, la Rivoluzione cubana continua a vivere, gode di buona salute e, se la giustizia e la dignità esistono nel mondo, non vi è dubbio che una buona parte di esse abiti nell’Isola irredenta che tanto Ben Bella ammirò.

 

Note:

 

1) Giornalista argentino nato il 31 maggio 1929. All’inizio del 1958 venne a Cuba per scrivere della lotta dell’Esercito Ribelle contro Batista. Intervistò Fidel e il Che e trasmise per radio, dalla Sierra Maestra, cronache e reportage. Nel corso della sua permanenza con i guerriglieri cubani, Masetti sviluppò una profonda ammirazione per la causa e stabilì una profonda amicizia con Ernesto Che Guevara. Finita la guerra, all’Avana, il Guerrigliero Eroico propose a Masetti di fondare e dirigere l’agenzia di stampa cubana Prensa Latina. Più tardi, all’inizio del 1961, egli iniziò a lavorare per il servizio di intelligence di Cuba. Masetti fu scelto per guidare la guerriglia in Argentina; andò in Algeria dove, insieme ad altri suoi compagni, ricevette un addestramento militare. L’Algeria gli fornì passaporti diplomatici per andare prima in Brasile, come membri di una delegazione commerciale algerina, e poi in Bolivia. Essi pensavano di iniziare la guerriglia nella provincia di Salta, limitrofa a questo paese. Morì nel tentativo l’8 settembre 1964.

2) Attualmente Cuba fornisce servizi medici a 66 paesi, con circa 39.000 collaboratori di cui 15.000 medici. Da allora ad oggi, grazie alla generosità dell’internazionalismo cubano, sono oltre 135.000 i lavoratori della sanità che hanno fornito il loro aiuto a 108 nazioni; salvato oltre 4 milioni di vite, realizzato più di 6 milioni di interventi chirurgici e vaccinato quasi 11 milioni e mezzo di bambini e donne incinte.

 

(traduzione di Daniela Trollio

Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”

Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni)

 

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