CAPITALE E RAZZISMO

Ha detto “sistemico”?

di Serge Halimi (*); editoriale di Le Monde Diplomatique; 10.7.2020

 

Le multinazionali statunitensi ricorrono spesso alla filantropia per nascondere i misfatti che le hanno arricchite. Così, lo scorso maggio, hanno concesso centinaia di milioni di dollari a varie organizzazioni afroamericane, tra cui “Black Lives Matter”.

Una tale liberalità verso un’organizzazione militante che lotta contro il “razzismo sistemico” sembra assomigliare al sottoscrivere una polizza di assicurazione.

 

Apple, Cisco, Walmart, Nike, Adidas, Facebook o Twitter, che sanno meglio di chiunque cosa significa “sistemico”, devono aver paura che le proteste contro le ingiustizie strutturali negli Stati Uniti si dirigano presto contro infamie che non siano solo nla violenza poliziesca e che colpiscano invece più da vicino i loro consigli di amministrazione.

Secondo questa ipotesi, i manifestanti non si accontenteranno ancora per molto di gesti “simbolici” consistenti nell’inginocchiarsi davanti agli afroamericani, nel rovesciare statue, cambiare i nomi delle vie o pentirsi del loro “privilegio bianco”.

 

I padroni delle multinazionali desiderano limitare  a questo repertorio, inoffensivo per loro, il movimento popolare che ha fatto risvegliare la società statunitense dopo che sono state diffuse le immagini della morte di un uomo nero asfissiato dal ginocchio di un poliziotto bianco.

 

Jamie Dimon, presidente direttore generale della banca JPMorgan, che ha rovinato innumerevoli famiglie nere incantandole con prestiti immobiliari che mai avrebbero potuto restituire, si è messo in ginocchio davanti ad una enorme cassaforte della sua sede.

Il candidato repubblicano alle elezioni presidenziali del 2012 Willard (Mitt) Romney, che aveva affermato che il 47% dei cittadini statunitensi erano dei parassiti, ha farfugliato “black lives atter” durante una manifestazione antirazzista.

La società Estée Lauder (profumi e simili) ha promesso di sborsare 10 milioni di dollari per “favorire la giustizia razziale e sociale, ed un maggiore accesso all’educazione”. Senza dubbio è  per contribuire a questo obiettivo che  ha finanziato la campagna elettorale del 2016  di Donald Trump.

 

Lasciando da parte queste assurdità, che superano qualsiasi parodia, come non accorgersi che le manifestazioni contro il “razzismo sistemico” si producono alcune settimane dopo che il candidato con più probabilità di scontrarsi realmente con il “sistema – Bernie Sanders – è stato sconfitto da un uomo – Joe Biden – che ha contribuito, e molto, ad aggravare il problema? In effetti nel 1994 il senatore Biden fu il grande architetto dell’arsenale giuridico che permise l’incarcerazione di massa degli afroamericani. Il che, d’altra parte,  non impedì che 26 dei 38 deputati neri del Congresso votassero questa legge: il colore della pelle non sempre garantisce la bontà di una decisione – prova ne sia un presidente, Barak Obama.

 

Negli Stati Uniti il patrimonio della maggior parte delle famiglie afroamericane continua a restare bloccato sotto i 20.000 dollari, una cifra irrisoria. Quindi esse sono obbligate a risiedere in quartieri poveri e a mandare i loro figli in scuole mediocri, finanziate in gran parte con tasse sulla proprietà.

Così il loro futuro professionale è già ipotecato in anticipo.

 

IL nocciolo del problema, il “sistema” sta qui: il “privilegio bianco” è prima di tutto il privilegio del capitale.

E questo la banca JPMorgan lo sa.

 

(*) Scrittore e giornalista francese, direttore di Le Monde Diplomatique

 

(traduzione di Daniela Trollio

Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”

 

Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni)

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