Racconto di Natale (con orrore) a Falluja

 

Il Washington Post, nell’edizione del 1° dicembre, pubblica un articolo sulle conseguenze dell’invasione USA dell’Iraq, riportando un’inchiesta della rivista medica dell’Università di Bassora che afferma che, rispetto alle cifre del 1989, i bambini che muoiono di cancro nella città sono aumentati del 65% nel 1997 e del 60% nel 2005. Sono gli “effetti collaterali” di anni della guerra sporca. Bushra Ali, funzionario del Dipartimento di prevenzione (sic!) delle radiazioni del Ministero dell’Ambiente, dice:”I nostri dati dicono che ci sono più di 200 km. quadrati a sud di Bassora che contengono manufatti bellici, molti dei quali sono contaminati dall’uranio impoverito.”. Il dottor Jawad al-Ali riporta: “Abbiamo visto nuovi tipi di cancro che non si conoscevano in Iraq prima della guerra del 2003, come i cancri fibrosi (dei tessuti molli) e i tumori ossei. Questi segnalano chiaramente le radiazioni come loro causa”.

Falluja fu devastata nel novembre 2004 nel corso di due offensive delle forze speciali USA, appoggiate da commandos dell’esercito iracheno del burattino Allawi, bombardata con uranio impoverito, napalm e fosforo bianco.

L’orrore perpetrato contro civili inermi fu denunciato nel novembre 2005 da una trasmissione di RaiNews24, nel corso della quale il direttore del Centro Studi per i diritti umani della città, Mohamad Tareq al-Deraji disse: “Una pioggia di fuoco è scesa sulla città, la gente colpita da queste sostanze di diverso colore ha cominciato a bruciare, abbiamo trovato gente morta con strane ferite, i corpi bruciati e i vestiti intatti”.

 

Troppo spesso siamo costretti a leggere statistiche, numeri e numeri che a volte ci fanno dimenticare che stiamo parlando di essere umani e – troppo spesso – di esseri “inumani” a cui è stata rubata l’umanità, così come il capitalismo e l’imperialismo ci rubano non solo il futuro ma anche la vita stessa. Per una volta tanto, invece di aride - anche se terribili – cifre, possiamo renderci conto di cosa queste significhino, in carne, ossa e sofferenze.

A fine novembre 2009 i giornalisti del britannico Guardian e dello spagnolo El Mundo sono tornati a Falluja. Mentre nel mondo occidentale “cristiano” i cui governi hanno tutti partecipato all’invasione e alla distruzione di un intero popolo, ci si appresta a festeggiare il Natale - la nascita del “bambino” Gesù - a Falluja (come in altre città irachene) le cose stanno un po’ diversamente: la “Natività” per gli abitanti della martoriata cittadina ha un altro volto, terribile, quello della barbarie del capitalismo.

 

Falluja, la storia orribile che ci nascondono

di Javier Espinosa, inviato speciale di El Mundo a Falluja / 19 novembre 2009

www.elmundoes/papel/2009/11/08/cronica

 

Nella carta d’identità irachena n. 283.678 si vede solo il piccolo volto di una neonata. Shukriya e Jassem hanno deciso di nascondere la sua terribile condizione coprendo il corpo della piccola con un asciugamano. Il documento testimonia che Fatma, la minore dei sei figli della coppia irachena, è nata il 27 aprile 2006. “Gli altri sono nati prima della guerra (del 2003) e nessuno di loro ha avuto problemi di salute” spiega la madre della piccola.

Quando i medici dell’ospedale di Falluja le fecero l’ecografia, le annunciarono che avrebbe avuto tre gemelli. “Avevano visto tre teste”, dice Shukriya. Ma il giorno del cesareo l’attesa della donna si tramutò in un incubo. I medici estrassero per primo un mostro senza vita. Un cranio quasi senza corpo, unito ad uno “straccio” di carne. Poi trovarono Fatma. Aveva due teste. Le mancava il palato e aveva un buco nel cuore. Nelle sue ripetute visite all’ospedale Shukriya scoprì che il caso di sua figlia non era unico, che nella città irachena stavano nascendo un inesplicabile numero di bambini deformi o malati di rare anomalie congenite. Questa fu la stessa conclusione a cui giunsero i medici dell’Ospedale Generale di Falluja, che cominciarono a documentare con foto queste strane malattie.

Cronìca (la rubrica di El Mundo n.d.r.) ha avuto accesso a decine di queste istantanee, impubblicabili per la loro crudezza. Sono immagini che riflettono quello che sembra essere “un grave disastro”, come è stato definito nelle pagine dello studio realizzato dalla ONG Centro di Conservazione dell’Ambiente di Falluja. Foto di creature con un solo occhio, con due teste, gonfie e con gli intestini esposti (una rara condizione chiamata exomphalos - fuoriuscita dall’ombelico di parte degli intestini, n.d.r.), con parte della colonna vertebrale esposta (spina bifida), coperti di squame o mancanti totalmente di arti.

Le ragazze di Falluja sono terrorizzate dalla possibilità di avere figli di fronte all’incremento del numero di bambini nati con deformazioni grottesche”. Questa il messaggio lanciato nella lettera inviata il 12 ottobre scorso all’Assemblea Generale dell’ONU da un gruppo di attivisti ed esperti internazionali guidati dall’ex ministra per i Problemi della Donna Irachena, Nawal Al-Samarrai, per richiamare l’attenzione su ciò che sta succedendo nella cittadina araba.

Settembre: 75%, deformi

Il documento presentava una terribile statistica che Samarrai ha attribuito a cifre raccolte nel citato Ospedale Generale di Falluja. Secondo queste cifre, in settembre sono nati in quel centro 170 bambini, dei quali il 24% è morto nel giro di una settimana. Il 75% dei neonati morti sono stati catalogati come “deformi”. Nell’agosto del 2002 il registro contabilizzava 530 nascite, 6 morti nei primi sette giorni di vita e un solo caso di deformità.

Cominciammo a sentir parlare di questo problema durante il governo di Iyad Allawi (giugno 2004-aprile 2005), ma non si fece niente. In varie occasioni cercai di far sì che le famiglie colpite ricevessero aiuti ma i ministri avevano pausa degli americani” precisa Samarrai, che ha rinunciato al suo incarico in febbraio. “Non c’è alcun dubbio sulla relazione che esiste tra questi neonati deformi e l’uso di armi come il fosforo bianco e l’uranio impoverito. E’ solo un esempio dei crimini di guerra che hanno commesso gli americani e per questo abbiamo chiesto all’ONU che si apra un’indagine internazionale” assicura.

Dal Vietnam a Falluja

La guerra colpì Falluja come un ciclone. L’esercito statunitense si impiegò a fondo in aprile e specialmente nel novembre e dicembre del 2004 in una battaglia strada per strada, che gli esperti equiparano solo ai feroci combattimenti che vi furono nella città vietnamita di Hue nel 1968. Secondo statistiche locali, quasi 36.0000 delle 50.000 case della città furono abbattute o soffrirono gravi danni, oltre a 60 scuole e 65 moschee.

Quando tornammo, i gatti e i cani erano grossissimi per la gran quantità di carne umana che avevano mangiato” ricorda Ismail Abdul Karim, presidente della ONG locale Alakhiyar, una delle associazioni che stanno cercando di spezzare il silenzio informativo che si è creato intorno ai neonati deformi. Fin al primo momento i residenti di Falluja denunciarono che le forze statunitensi avevano usato ogni tipo di armi devastatrici: dall’uranio impoverito (noto con la sigla DU) al fosforo bianco. Solo l’anno seguente, e dopo che la RAI italiana (RaiNews24 n.d.r.) aveva mostrato immagini inequivocabili nel documentario “Falluja: il massacro nascosto”, Washington ammise di aver utilizzato fosforo bianco, ma “solo contro nemici combattenti” spiegò il colonnello Barry Venable, portavoce del Pentagono. “Il fosforo bianco è un’arma convenzionale, non è un’arma chimica. Non è illegale e non è proibita” affermò il militare.

A cinque anni da quella data è ancora facile scoprire abitazioni ridotte in macerie nelle strade di questa cittadina a 70 chilometri a ovest di Bagdad. La città che prima era abitata da 600.000 persone continua ad essere accerchiata da muri, recinti di filo spinato e controlli. Qualsiasi visitatore, anche il redattore di Crònica, deve ottenere un permesso per entrarvi. Questo non ha impedito il riattivarsi delle violenze negli ultimi mesi né il ritorno delle azioni disperate dei suicidi.

Campo di lapidi

Il simbolo dell’orrenda eredità che il conflitto ha lasciato nella popolazione è il cosiddetto “cimitero dei martiri”. L’ex stadio di calcio di Falluja che, come è successo a Sarajevo, dovette venir usato come necropoli durante le offensive del 2004.

I seppellitori dell’improvvisato cimitero recuperano dalla memoria avvenimenti più vicini. Si ricordano perfettamente di Fatma. “Sì, aveva una testa molto grande”, ricorda Jamsa Mohamed Saleh. L’impiegato del cimitero cammina tra la file di tombe e comincia a indicare le piccole lapidi dedicate ai bambini. Ce ne sono dozzine. “Da circa due anni non finiscono mai di arrivare bambini. Ne sotterriamo tra i 30 e i 50 al mese. La maggioranza nascono morti. Lavoro qui dal 1989 e non avevo mai vista niente di simile. Dicono che si tratta delle armi che usarono gli americani” indica. Il suo collega Kamel Yassem Mohamed si incarica di lavare i corpi secondo la tradizione dell’Islam. “Moltissimi sono neonati deformi” dice. Schiacciati da un fenomeno che non capiscono, i genitori delle vittime decisero l’anno scorso di riunirsi in una scuola. “Facemmo un appello e scoprimmo 350 bimbi”, racconta Ismail Abdul Karim. In un filmato realizzato durante la protesta, si possono vedere un gruppo di piccoli malati sotto uno striscione che dice “Bambini invalidi vittime delle operazioni militari”. Si vedono anche alcuni di loro. Uno dei piccini ha le gambe ridotte a moncherini che sembrano pinne.

La piccola Tiba Aftan piange sconsolata sotto il peso prodottole dal tumore che ha sul viso. Durante le prime settimane di vita, Aftan sembrava una bimba sana. Ma sua madre ha raccontata alla tv di Al Yazeera come sua figlia è passata dall’essere una deliziosa neonata ad un essere sfigurato. “Tre giorni dopo la sua nascita mi sono accorta che aveva delle piccole arterie sopra l’occhio. Dicevano che erano solo un segno del parto” ha spiegato. Quando Aftan aveva un mese di vita le ramificazioni cominciarono a crescere e ad estendersi. Diventarono una massa color viola di aspetto inquietante che le coprì metà del viso. “I medici mi dissero che non c’era una cura, che aveva un tumore ai vasi sanguigni” continua la madre. Aftan ha avuto fortuna. Dopo aver girato per molti ospedali è potuta andare in Giordania, dove i medici le hanno asportato la protuberanza.

Buchi nel cuore

Sono innumerevoli i casi di bambini che non sono stati così fortunati. Basta fare una visita al nuovo ospedale di Falla, uno dei pochi progetti di ricostruzione che sembrano essersi materializzati in Iraq durante l’invasione statunitense, Qui medici come Ali Abdel Hamid riconoscono di non capire l’incremento di neonati che nascono con disturbi incompatibili con la vita.

“Le anomalie congenite ci sono in tutti i paesi, ma a Falluja la quantità è spaventosa. Il problema più comune ora è quello che chiamiamo infermità cardiache ereditarie. I neonati nascono con i due ventricoli del cuore collegati da un buco. Questo è normale nel resto del mondo ma lo è anche che il buco si chiuda quando il bimbo cresce: ma qui non succede. I bambini muoiono. I buchi nel cuore sono enormi. Ieri è morta un’altra bimba per questo. Prima della guerra ne avevamo tre o quattro al mese; adesso la cifra è la stessa, ma a settimana” denuncia il medico. Hamid accompagna il giornalista nel giro delle stanze dell’ospedale, dove si moltiplicano i casi di piccini colpiti da questo difetto.

A solo 29 giorni di vita, Sharaf Sabah ha dovuto essere operata di spina bifida. Vicino a lei dorme Malak Ahmed, che è nato cinque giorni fa. Il suo cranio sembra bombato. “Gli sta suppurando il cervello. Si sta riempiendo di liquido” dice la dottoressa Samira Telfah Abdel Gani.

In un'altra stanza si trova Hudeifa Udei, una neonata che è venuta al mondo 48 ore fa. Ha le gambine storpie, come se fossero le zampe di un rospo. “Se chiedi a qualsiasi esperto o leggi libri di medicina, ti diranno che queste deformazioni sono il prodotto della contaminazione dell’ambiente. Ma non abbiamo prove definitive sulla relazione che c’è con le armi usate dagli statunitensi” dice Abdel Gani.

Al pronto soccorso

Da giorni Samira è incaricata di certificare con fotografie la presenza di queste malattie congenite. Solo nei primi 10 giorni ha trovato14 neonati deformi. La normalità sarebbe trovarne da tre a quattro casi su 100 parti. “La maggioranza presenta problemi cardiaci ma ci sono anche bambini col cranio deformato o con sei dita” dice. La conversazione si interrompe temporaneamente quando i medici devono accorrere al pronto soccorso. “Non abbiamo il tempo di realizzare uno studio formale su queste anormalità perché il giorno per giorno è questo: bombe e guerra” si affretta a dire la dottoressa. Anche se ammette di non disporre di prove definitive, un altro medico dell’ospedale – Anis Ahmed – ricorda che al ritorno nella città, dopo l’offensiva nordamericana, “gli stessi soldati ci dissero di non mangiare il cibo che avessimo trovato nelle case né di bere l’acqua dei rubinetti e neppure di utilizzare i vestiti che avevamo lasciato negli armadi. Dissero di buttare via tutto. Volevano che bevessimo solo dalle taniche d’acqua che avevano portato loro. Perché, mi chiedo. All’arrivo trovammo decine di uccelli morti per le strade. Io penso che c’è un legame evidente tra le armi che hanno usato e ciò che sta succedendo”.

Le domande che si pone la popolazione di Falluja continuano ad aumentare. Come i casi di malformazioni. L’Ospedale di Falluja non è l’unico centro sanitario che ha constatato l’espansione di queste malattie non frequenti.

L’oculista Adula Melhem rivede ogni settimana vari casi di neonati venuti al mondo con “palpebre deformi e atrofia oculare. Sono anche molto comuni – aggiunge il medico – le cataratte, i danni ai nervi ottici e anche deformità di tutta l’orbita oculare. A volte i bimbi nascono con un occhio più piccolo e alcuni anche senza occhi”.

Nonostante il pronostico dei medici fosse stato del tutto negativo, Shukriya non ha mai smesso di lottare per la sopravvivenza di Fatma. L’ha portata da specialisti di Bagdad e Ramadi. Tutti le hanno spiegato che l’unica opzione per salvare la bimba era una complessa operazione impossibile da realizzare in Irak. “Ho dovuto impegnare tutti i miei gioielli d’oro (il corredo che le donne arabe mettono insieme per il matrimonio – n.d.r.). Più di 3 milioni di dinari (circa 2.500 euro, una piccola fortuna in questo paese – n.d.r.)”.

I dottori le hanno spiegato la ragione di questa malformazione?”. “Tutti dicevano che è stato a causa delle armi che hanno usato i nordamericani.”. “Ricorda qualche caso simile nelle famiglie dei suoi fratelli, dei suoi genitori, dei suoi nonni?”.”No, non ci siamo mai trovati di fronte a qualcosa del genere.”.

Il giorno della fine

L’agonia di Fatma ha raggiunto lo zenit in febbraio. “Soffriva molto. Cominciò a gonfiarlesi la testa. I medici mi dissero che si avvicinava la fine. Una notte vidi che le si modificava il viso. Non potevamo andare all’ospedale perché c’era il coprifuoco. Sembrava che la testa le stesse per scoppiare”. Jessem fu il primo ad accorgersi che le sofferenze della piccola erano finite, Le afferrò una mano e si rese conto che non viveva più. “Passammo la notte pregando col Corano accanto al suo corpo. La mattina, cessato il coprifuoco, la portammo a seppellire”.

La foto di Fatma, la bimba con due teste, è appesa ora in vari luoghi come la sede della ONG Alakhiyar. E’ diventata un simbolo sconvolgente. I suoi genitori la pensano come il resto delle famiglie di Falluja colpite da questo flagello. Esigono delle risposte. Un’inchiesta ufficiale. “E che gli americani paghino per la sofferenza e il dolore che Fatma ha dovuto sopportare” conclude Shukriya.

 

(a cura di Daniela Trollio)

Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”

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Pubblicato sulla Rivista Nuova Unità n. 7 del dicembre 2009