La crisi capitalista e le conseguenze per i lavoratori

Michele Michelino

 

Dopo che il governo USA ha stanziato 700 miliardi di dollari per salvare dalla bancarotta le banche di Wall Street e l’economia americana, anche i governi europei hanno varato un piano anti-crisi di 200 miliardi di euro. 170 miliardi saranno però messi dai governi dei singoli paesi membri a seconda delle loro possibilità. I 27 paesi della UE potranno anche sforare lievemente i limiti di Maastricht per un anno senza subire la procedura di infrazione, che però sarà pesante per i singoli paesi nel caso non venga rispettato il vincolo deficit/pil del 3%.

Dai primi dati gli aiuti stanziati dal governo Italiano sarebbero così divisi: 16 miliardi per infrastrutture, cioè ai padroni-costruttori, 10 miliardi alle banche e alla finanza, 0,45 miliardi ai pensionati sotto i 500 euro. E’ stata inoltre istituita la “social card” per coloro che non ce la fanno ad arrivare a fine mese e muoiono di fame, un contributo aggiuntivo di 40 euro al mese, pari a 1 euro e 33 centesimi al giorno.

Più che nelle parole, in queste cifre è già evidente il carattere di classe del governo e quali interessi sostiene

Intanto - con il crollo delle borse - i fondi integrativi del TFR dei lavoratori, gestiti da padroni e sindacati sono andati a picco.

Fondo Enel:                                    -27,6%

Fonchim (Chimici )                         - 24,89%

Pegaso (servizi di pubblica utilità)  -18,07%

Cometa (metalmeccanici)                -16,43

 

Di fronte alla paura del crac del capitalismo i borghesi cercano di salvare il sistema capitalistico e finanziario cercando di introdurre nell’opinione pubblica alcuni concetti, come “economia reale” che si opporrebbe ad una “economia finanziaria virtuale”, invocando nuove regole in grado di controllare il mercato, come se il mercato capitalista non fosse un tutt’uno.

Non è un fatto nuovo.

La crisi impone sempre cambiamenti e alcuni pensano che basti cambiare alcune regole o darsene di nuove per evitare in futuro altre crisi. Far finta di cambiare tutto per non cambiare nulla è una vecchia tattica. Nella società democratico-borghese, sotto il dominio del capitale, nessuna legge stabilisce che l’operaio è uno schiavo salariato però – dato che la proprietà dei mezzi di produzione è in mano a pochi che lo privano della possibilità di sviluppo economico - il lavoratore è uno schiavo salariato.

In momenti di difficoltà, quando il sistema capitalista traballa dalle fondamenta sotto i colpi delle crisi e delle lotte proletarie, i borghesi “illuminati” sarebbero disposti anche a contrattare un minore tasso di sfruttamento o l’eliminazione degli “abusi” del capitalismo, a patto però che non si intacchi il sistema del lavoro salariato basato sull’espropriazione e sullo sfruttamento dei lavoratori che continua a riprodurre sfruttati e sfruttatori.

I sostenitori del libero mercato e dell’”economia reale”, del “capitale produttivo” - che hanno sempre nascosto dietro una parvenza di libertà formale lo sfruttamento e il carattere dittatoriale della violenza e della brutalità capitalista - oggi sono i primi a richiedere ai loro governi misure “socialiste” a favore dei padroni.

 

Mentre i governi intervengono a favore delle banche e della finanza, cioè dei capitalisti, con i soldi pubblici tolti dalle tasche di tutti i cittadini, in particolare dei proletari e delle fasce più povere della popolazione che pagano le tasse alla fonte sul reddito di lavoro o pensione, negli USA in pochi mesi ci sono stati 100.000 licenziamenti nel settore finanziario, dell’auto, nell’edilizia. La Morgan Stanley, la seconda banca d’affari americana prima della crisi, dopo il salvataggio da parte del governo americano in settembre ha annunciato che ridurrà di un ulteriore 10% il suo personale. La Citigroup ha preannunciato 53.000 licenziamenti dovute a prestiti non rimborsati e sono già avvenuti i primi massicci licenziamenti nel settore automobilistico.

In Europa si prevedono, per effetto della recessione, licenziamenti massicci; in Italia (dati CISL) per i prossimi due anni sono previsti circa 900.000 di posti di lavoro in meno.

Intanto il Parlamento Europeo ha approvato l’istituzione della “Carta Blu” per regolare l’immigrazione “qualificata”.

Gli immigrati titolari della carta potranno richiedere un salario superiore solo di 1,7 volte il salario lordo che ricevevano nel loro paese ( ad esempio 3800 euro per un francese, ma solo 325 per un bulgaro).

In questo modo si aumenta la concorrenza fra lavoratori (facendo lo stesso lavoro con salari diversi) e i salari continueranno a scendere a tutto vantaggio dei profitti.

 

Ma la crisi non colpisce tutte le classi sociali nello stesso modo. Mentre diminuiscono i consumi della maggioranza proletaria e più povera della popolazione, di chi non arriva a fine mese, crescono a dismisura i consumi di lusso che il 2% della popolazione può permettersi, mentre un altro 12% di borghesi - pur non ostentando gli status symbols della ricchezza sfrenata- vede aumentare il suo capitale e i suoi consumi.

 

Dopo anni di contenimenti salariali e aumento dei profitti la Confindustria ed il governo ripropongono la solita ricetta: gli operai devono continuare a farsi sfruttare pacificamente o tutto il sistema capitalista rischia di saltare.

Il capitalismo, l’imperialismo dietro la facciata “civile e democratica” dei periodi pacifici dell’abbondanza, nascondono il più spietato sfruttamento. Licenziamenti, morti sul lavoro e di lavoro, precarietà, fame e guerra stanno nuovamente portando il mondo verso la catastrofe, e la crisi dimostra che nessuna mediazione è possibile fra sfruttati e sfruttatori.

 

I partiti rappresentanti delle varie frazioni della classe borghese (sia di centrodestra che di centro sinistra) e i sindacati confederali, facendosi sostenitori della logica del profitto e della concorrenza capitalista, dividono i lavoratori mettendoli gli uni contro gli altri, disposti ad accettarne tutte le conseguenze, compresi i licenziamenti di massa che a parole dicono di voler combattere.

 

Solo l’azione organizzata e cosciente della classe operaia e proletaria può mettere un argine a questa deriva. Solo distruggendo quel cancro dell’umanità che si chiama capitalismo, eliminando lo sfruttamento capitalistico dell’uomo sull’uomo, è possibile eliminare la fame, la sete, le guerre e avanzare verso l’emancipazione dei lavoratori e di tutta l’umanità.

 

Da Nuova Unità n. 8, dicembre 2008