I CRIMINI ISRAELIANI CONTRO I PALESTINESI

Israele e il suo impegno criminale contro il popolo palestinese

di Pablo Jofré Leal (*)

Una delle grandi direttrici del sionismo - che gli ha permesso di essere la base ideologica dei diversi governi che l’entità israeliana si è data, dal maggio dell’anno 1948 ad oggi - è la centralità del suo odio e dell’apartheid contro il popolo palestinese. Ed esso lo spiega e si difende, avvertendo che se non avesse tale politica di discriminazione, potrebbe soffrire una nuova persecuzione come quella vissuta negli anni della 2° Guerra Mondiale e sotto l’occupazione dell’Europa da parte del nazionalsocialismo, dato che Israele vive circondata da nemici, secondo quella teoria razziale per cui si considera il “popolo eletto” per una “terra promessa”.

 

In questo quadro fantasioso, in cui il popolo palestinese sta pagando le conseguenze di politiche di discriminazione sofferte in Europa, il regime israeliano si impegna a rendere invisibile non solo la lotta del popolo palestinese e a mantenere nell’impunità i crimini commessi giorno per giorno nella Striscia di Gaza  nei territori della Riva occidentale – compresa al Quds (Gerusalemme, n.d.t.), ma anche a seppellire la storia di questo popolo, la sua cultura, il suo idioma e le sue possibilità di autodeterminazione.

 

Israele porta avanti questo piano funesto e criminale mitizzando una storia costruita su inganni, sull’imposizione di dogmi di fede come se fossero leggi di obbligatorio compimento e sulla ferrea alleanza con gli Stati Uniti, che hanno agito come padri putativi del sionismo, servendosi l’uno dell’altro in materia di politiche di dominio e di aggressione in Medio Oriente. E questo con il forte appoggio del lavoro realizzato – in territorio statunitense stesso – dalla la lobby sionista del Comitato di Affari Pubblici Statunitense/Israeliano (AIPAC la sua sigla in inglese) – a cui si aggiungono potenti reti di cristiani sionisti, che abbracciano questa idea di dominio di Israele in base a considerazioni religiose più consone a fanatici che a credenti di una religione di pace.

Israele, i suoi leaders politici e militari, i suoi partiti politici terroristi, i coloni estremisti che si sono stabiliti in modo invasivo sulla Riva Occidentale, i mezzi di comunicazione vicini a questa politica di apartheid, utilizzano strategie diverse per consumare questa occupazione e questa usurpazione del territorio palestinese, cercando di rendere invisibili i loro crimini agli occhi del mondo.

Questa politica viene portata avanti tramite una strategia di disorientamento, di spostamento dell’attenzione della società israeliana dai suoi problemi interni (corruzione dei partiti che governano, un paese basato sull’occupazione e sull’assassinio di un altro popolo, un paese che si è sviluppato sulla base delle elargizioni straniere e grazie a multinazionali strettamente vincolate all’industria militare e a politiche di alleanza con paesi come l’Arabia Saudita). Una società israeliana cieca, sorda e muta  nella stragrande maggioranza rispetto alla richiesta di giustizia del popolo palestinese.

Sul piano esterno, questo spostamento dell’attenzione si esprime attraverso il bombardamento incessante di notizie incentrate sia sui fatti della Siria o sugli attacchi contro la Repubblica Islamica dell’Iran e sull’Accordo nucleare, ma scarso sulla politica coloniale che il regime che governa Israele impone a milioni di esseri umani, sottomessi all’arbitrio, all’usurpazione, al saccheggio delle loro risorse naturali e anche una politica del coprire con un manto di oblio la storia palestinese. Aggiungiamo a questo le dinamiche di aggressione che Israele e il suo regime civico-militare esercitano contro paesi vicini come il Libano e la Siria, le sue minacce costanti di attaccare l’Iran ed i suoi appoggi alle bande terroristiche takfire che operano in Siria e in Iraq.

Analizzate qualsiasi conflitto ci sia in Medio Oriente, Asia Centrale e nel Maghreb e lì troverete il regime israeliano che appoggia quanto di più guasto e retrogrado delle caste dirigenti.

 

Non dimentichiamo la politica degli assassinii selettivi che il regime israeliano porta avanti contrattando sicari e mercenari per assassinare oppositori, leaders arabi, militanti palestinesi e tutti coloro che il sionismo, e soprattutto il regime di Netanyahu, considera nemici. Sono noti gli assassinii di scienziati iraniani legati al programma nucleare della nazione persiana assassinati da agenti del Mossad. O il recente crimine commesso da sicari contrattati da Israele in Malaisia contro Fadi Mohamad al-Batash, inventore e professore universitario di 35 anni, originario della Striscia di Gaza, a cui due motociclisti hanno sparato mentre si dirigeva ad una moschea per la preghiera del mattino.

Il quotidiano israeliano Haaretz ha denunciato questo crimine come parte di una politica del governo del suo paese per eliminare presunti pericoli per la sicurezza del paese. “Uno Stato che invia squadroni della morte ai confini della terra non è motivo di orgoglio. Alla fine, sono assassini a pagamento” ha scritto l’analista Gideon Levy, un feroce critico delle politiche colonialiste del suo governo.

Parte importante dell’ipocrisia del mondo davanti a questo agire sionista sta nel fatto che questi crimini rimangono impuniti.

Questo mi porta a chiedere come agirebbero gli organismi internazionali se la Palestina, ad esempio, attraverso le sue autorità facesse uccidere agenti del Mossad, scienziati israeliani che lavorano alla progettazione di armi che si useranno contro il popolo palestinese o contro capi politici perché “danneggiano la sicurezza del popolo palestinese”. Forse sarebbe ora di rispondere alla vecchia usanza della Torah, come mi ha detto un vecchio amico antisionista, nell’Esodo 21:23-25: “Ma se ci fosse qualche altro danno, allora metterai come castigo vita per vita, occhio per occhio, dente per dente, mano per mano, piede per piede, bruciatura per bruciatura, ferita per ferita, colpo per colpo”. Concetto ripetuto nel Levitico 24:18-20 e nel Deuteronomio 19:21 per quei pietosi seguaci della legge di Geova che sono soliti stracciarsi le vesti quando parlano di dio ma non del rispetto della vita degli esseri umani. Sepolcri imbiancati, direbbe un personaggio storico.

 

Il Nazionalsionismo di Israele

Israele sposta i “problemi” fuori dalla Palestina, e così l’entità sionista ne guadagna, nascondendo i crimini che commette giorno per giorno contro la popolazione palestinese. Una strategia luttuosa, di un fanatismo vicino all’idea della soluzione finale tipo quella del criticato nazionalsocialismo, che tanto è stato utilizzato da Israele per averne benefici, non per i milioni di vittime del regime hitleriano ma per sostenere, precisamente, un regime segregazionista, coloniale e criminale che non può essere chiamato in altra maniera che Nazionalsionismo.

 

Quel popolo palestinese che viene assassinato tutti i giorni, che viene violentemente espulso dalle sue case che vengono demolite, le cui coltivazioni vengono distrutte. Un popolo palestinese solcato, nel suo territorio, da un Muro della Segregazione nella Sponda Occidentale o da un blocco criminale nella Striscia di Gaza – il campo di concentramento più grande del mondo.

Quel popolo palestinese vive là, a pochi chilometri dai luoghi dove oggi abita una popolazione ebrea di origine europea, che si assentò nella Palestina storica a partire dalla fine del decennio degli anni ’90, in un processo di colonizzazione che continua fino ad oggi e che ebbe il suo punto di partenza nel maggio dell’anno 1948, quando nasce l’entità sionista con l’appoggio delle potenze vincitrici della 2° Guerra mondiale nel quadro di una visione egemonica che vedeva una punta di lancia occidentale in terre arabe.

Quel popolo palestinese è lì, più vivo che mai, più degno e forte nel suo impegno a ottenere la sua autodeterminazione, che è stata castrata da un’alleanza tra il sionismo e il suo padre putativo. Quel popolo palestinese è presente giorno per giorno, nonostante la politica di sterminio portata avanti dal sionismo. Sta nei giovani, negli uomini e nelle donne della Striscia di Gaza. Nel popolo di Al Jalil – Hebron – e nella repressione costante che esso soffre per mano dei coloni e dei soldati, incuneati nella parte antica della città.

Quel popolo palestinese che vive in  Al-Quds, in ogni angolo della Palestina storica, oggi profanata dall’occupazione sionista. Sta nella Spinata delle Moschee, a Betlemme dove cristiani e musulmani sono affratellati nella lotta contro l’occupante. A Beit Jala, a  Beit Sahour, ad Ariha e nell’impossibilità di bagnare i propri piedi nelle acque del  Mar Morto. Sta a Tulkarm, a Nablus, a Ramallah. In ogni paese e villaggio che resiste, che è stato cancellato dalle mappe dalla politica di giudaizzazione portata avanti dal regime israeliano e spinta da quei giudeo-nazisti (così chiamati negli articoli scritti sul quotidiano israeliano Haaretz) come il deputato razzista Bezalel Smotrich, del partito Casa Giudea o il Presidnete dell’organizzazione criminale Lehava, Benzion Gopstein, tra altri fanatici complici di migliaia di crimini di lesa umanità.

 

La Palestina è lì, di fronte a noi, per quanto i ciechi, i sordi e i muti di questo mondo non la vogliano vedere, non la vogliano ascoltare e non le vogliano gridare “siamo con te”! Come sostiene il direttore esecutivo dell’Organizzazione B’Tselem (“Centro di informazione israeliano per i diritti umani nei territori occupati", n.d.t.), Hagai El-Ad – “l’occupazione continua perché il mondo non vuole agire. Ad ogni respiro i palestinesi respirano occupazione”. Questo deve finire, o per via diplomatica o per la forza della ragione. Per quanto impegno il sionismo metta in quella che chiama macabramente “la soluzione finale “ al tema palestinese, questo popolo degno sta lì, ci è stato e ci starà anche quando questo sionismo sparirà nel caos dell’oblio, con la sua carica di morte e distruzione.

 

(*) Giornalista e scrittore cileno. Analista internazionale e collaboratore di agenzie di notizie internazionali. Da: lahaine.org; 10.5.2018

 

 

(traduzione di Daniela Trollio Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”

Via Magenta 88, Sesto San Giovanni) 

 

 

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