SIRIA

Lettera aperta ai sedicenti “difensori dei diritti umani” ad Aleppo

di Jean Bricmont (*) 

 

Che non ci siano equivoci: quanto segue non è in alcun modo una critica ai diritti umani come ideale per cui lavorare. Il titolo completo di questa lettera dovrebbe essere: “Lettera aperta a coloro che invocano selettivamente i diritti umani per giustificare la politica di intervento delle potenze occidentali negli affari interni di altri paesi”.

 

In realtà l’unica cosa di cui discutere sulla Siria non è la situazione sul terreno (che può essere complicata), ma la legittimità delle politiche interventiste in quel paese da parte degli USA e dei suoi “alleati”, gli europei, i turchi e gli stati del Golfo.

 

Per decenni il principio su cui si fonda il diritto internazionale, di questo si tratta – l’uguale sovranità degli stati, il che implica il non-intervento di uno stato negli affari di un altro – è stato sistematicamente violato ad un punto tale che è stato praticamente dimenticato dai campioni del “diritto all'intervento umanitario” .

Recentemente alcuni avvocati che si occupano di diritti umani, autoproclamatisi di sinistra ‘dura’, si sono aggiunti al coro del partito della guerra di Washington rimproverando l’amministrazione Obama per non aver fatto più sforzi militari per rovesciare il governo della Siria.

In una parola: criticano l’amministrazione Obama per non aver violato sufficientemente il diritto internazionale.

 

In realtà quasi tutto ciò che gli USA fanno dappertutto nel mondo viola il principio di non-intervento: non solo invadere “preventivamente”, ma anche influire su o comprare elezioni, armare ribelli o sanzionare unilateralmente o mettere embarghi, per alterare le politiche dei paesi loro vittime.

 

Coloro che considerano se stessi di sinistra dovrebbero prender nota della base storica di questi principi del diritto internazionale. Cioè, della lezione impartita dalla 2° Guerra mondiale.

L’origine di quella guerra fu l’uso che la Germania fece delle minoranze tedesche in Cecoslovacchia e in Polonia, esteso poi durante l’invasione dell’Unione Sovietica. La guerra, alla fine, ebbe conseguenze catastrofiche per quelle stesse minoranze che erano servite da pretesto ai tedeschi.

In parte per questa ragione, i vincitori che scrissero la Carta delle Nazioni Unite dichiararono illegale la politica di intervento, per risparmiare all'Umanità “il flagello della guerra”.

 

Quindi, nei decenni che seguirono, il principio di non-intervento si rafforzò grazie all'ondata di decolonizzazioni. L’ultima cosa che i paesi appena decolonizzati volevano era l’intervento delle vecchie potenze coloniali.

I paesi del Sud sono stati praticamente unanimi nella condanna dell’intervento. Nel febbraio 2003, poco prima dell’invasione dell’Iraq, il vertice dei paesi Non Allineati riunito a Kuala Lumpur, adottò una risoluzione che dichiarava quanto segue:

“I capi di Stato o di Governo riaffermano l’impegno del Movimento per il rafforzamento della cooperazione internazionale per risolvere problemi internazionali di carattere umanitario rispettando pienamente la Carta delle Nazioni Unite e, in questo senso, ribadiscono il rifiuto del Movimento dei Non Allineati al cosiddetto ‘diritto’ di intervento umanitario, che non ha il minimo fondamento né nella Carta delle Nazioni Unite né nel diritto internazionale.” (1)

 

E’ ovvio che quegli “interventi” sono possibili solo da parte di stati forti contro stati deboli. Si tratta di un caso in cui il potere si impone sulla legge. Ma neppure tutti gli stati forti sono ugualmente forti. Immaginiamo per un momento che il diritto di intervento venga accettato come nuovo principio del diritto internazionale. Cosa succederebbe se la Russia cercasse di rovesciare il governo dell’Arabia saudita a causa delle “violazioni dei diritti umani” perpetrate in quel paese? E se la Cina inviasse truppe in Israele per “proteggere i palestinesi”? Non tarderemmo ad arrivare ad una nuova Guerra Mondiale.

Per capire il carattere inaccettabile delle politiche di intervento, basta pensare agli strilli dell’establishment nordamericano a proposito del presunto hackeraggio russo di certe mails elettroniche pubblicate da Wikileaks. Pensate che la realtà di questo hackeraggio è tutta da dimostrare e che, anche se fosse vera, ciò significherebbe solo che l’hackeraggio ha permesso all'opinione pubblica nordamericana di prendere coscienza di certe manovre (reali) dei suoi dirigenti politici, il che non è che un peccatuccio rispetto agli interventi  nordamericani in America Latina, Vicino Oriente o Indocina.

Le conseguenze delle politiche interventiste statunitensi sono molteplici e catastrofiche. Da un lato abbiamo milioni di morti a causa delle guerre statunitensi (uno studio arriva a contare un totale di 1,3 milioni di vittime solo considerando quelle della ‘guerra al terrore’).

 

Sarebbe anche un errore immaginare che le vittime degli interventi non reagirebbero alla minaccia di intervento costituendo alleanze e cercando di difendersi, adottando la via dell’aumento della repressione interna.

Quando gli USA furono attaccati l’11 settembre 2001, Washington prese alcune misure di sicurezza e vigilanza senza precedenti e, cosa che è molto peggio, invase due paesi.

Come può qualcuno immaginare che la Siria, la Russia o la Cina non prenderebbero misure per proteggersi dalla sovversione straniera?

Per questa strada si entra nella logica della guerra senza fine. In realtà, dopo essere intervenute in Ucraina e Siria, le potenze occidentali sono poi entrate in conflitto con Russia e Cina a causa delle misure che questi paesi hanno preso in risposta a quegli interventi. Lungi dall'essere una fonte di pace, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU si trasforma in scenario di espressione rancori senza fine.

 

Nel caso della Siria, se – come ora sembra – l’insurrezione finirà per essere sconfitta, si vedrà che la politica occidentale di intervento con l’armamento dei ribelli avrà solo ottenuto di prolungare le sofferenze della popolazione di quel disgraziato paese.

I sedicenti “difensori dei diritti umani” che hanno appoggiato quella politica interventista hanno una grave responsabilità in questa tragedia.

 

Anche quando la difesa dei diritti umani è un concetto liberale e il liberalismo esiste, di principio, in opposizione al fanatismo, la verità è che gli attuali “difensori dei diritti umani” esibiscono spesso del fanatismo. Veniamo avvertiti di una perfettamente immaginaria influenza russa in Europa (paragoniamo l’influenza commerciale, culturale, intellettuale e diplomatica nordamericana con quella della Russia) e ci raccomandano di non consultare i “mezzi di informazione del Kremlino”.

Ma in qualsiasi guerra – e l’appoggio all'insurrezione siriana è una guerra – la prima vittima è la verità. Qualsiasi cervello genuinamente liberale consulterebbe la “propaganda” dell’altro, non per crederle in toto ma per contrapporla e per valutare la propaganda del suo proprio lato, a cui è costantemente sottoposto.

 

Lasciando da parte la “propaganda russa”, i sedicenti “difensori dei diritti umani” sembrano incapaci di prestare attenzione al seguente studio, Possible Implications of Faulty US Technical Intelligence in the Damascus Nerve Agent Attack of August 21, 2013.". Quello studio, realizzato da Richard Lloyd, ex ispettore degli armamenti delle Nazioni Unite, e da Theodore A. Postol, un professore di Scienza, Tecnologia e Sicurezza nazionale del MIT, concludeva che l’attacco con i gas vicino a Damasco nell’agosto del 2013, che fu sul punto di scatenare una guerra totale contro la Siria, non poteva essere stato realizzato dal governo siriano.

E’ difficile immaginare che esperti che svolgono incarichi di questo genere mentano deliberatamente per “appoggiare Assad”, e che siano degli incompetenti in materia di fisica relativamente elementare.

 

I sedicenti “difensori dei diritti umani” mettono in discussione che si possa anche solo parlare con Putin “dopo Aleppo”. Ma la “guerra al terrore” scatenata dagli USA, compresa l’invasione dell’Iraq, con le sue centinaia di migliaia di morti, non ha mai impedito a nessuno di parlare con i nordamericani.

In realtà, dopo questa guerra che la Francia condannò nel 2003, la Francia stessa si integrò ancor più nella NATO e seguì gli USA più fedelmente che mai.

Oltretutto i sedicenti “difensori dei diritti umani” si trovano in una situazione particolarmente assurda.

Vediamo ad esempio riguardo al presunto uso di armi chimiche nel 2013 da parte del governo siriano. In Francia ci fu un ampio consenso sulla necessità di intervenire militarmente in Siria. Ma, senza l’intervento nordamericano, un intervento solamente francese era impossibile. I “difensori dei diritti umani” europei si videro ridotti a implorare i nordamericani: “Fate la guerra, non l’amore!”. Ma i nordamericani soffrivano di “fatica bellica” e finirono per eleggere un presidente che all'inizio era contrario alle guerre fatte per cambiare regimi politici. L’unica possibilità per i “difensori dei diritti umani” europei è che i loro popoli accettino enormi spese militari, per creare una correlazione di forze che renda possibile le politiche interventiste. Buona fortuna!

 

Per finire, bisogna distinguere, tra i sedicenti “difensori dei diritti umani”, le Anime Nobili dalle le Anime Belle.

Le Anime Nobili ammoniscono i loro “amici” contro l’idea di “appoggiare” il macellaio, il criminale, l’assassino del proprio popolo, Bashar al-Assad. Ma questo è confondere completamente la ragione dall'atteggiamento anti-interventista.

Gli stati possono appoggiare altri stati con armi e denaro. Ma gli individui o i movimenti sociali, come il movimento contro la guerra, non possono farlo. Così manca completamente di senso dire, quando si esprime una critica alle politiche interventiste nella nostra società – necessariamente in modo marginale – che “appoggiano” questo o quel regime o leader, a meno che uno ritenga che tutti quelli che non vogliono che la Russia intervenga in Arabia Saudita o la Cina in Palestina non facciano altro che appoggiare il regime saudita o la colonizzazione israeliana.

Ciò che fanno gli antimperialisti è dare il loro appoggio ad un’altra politica estera, diversa da quella praticata dai loro propri governi, il che è una questione completamente diversa.

 

In qualsiasi guerra c’è una propaganda di massa a favore della guerra in corso. Posto che le guerre attuali vengono giustificate appellandosi ai diritti umani, è ovvio che la propaganda bellica si concentrerà sulle “violazioni dei diritti umani” nei paesi che sono nel mirino degli interventisti.

Ragione per cui tutti coloro che si oppongono oggi alle politiche interventiste devono fornire una piena informazione per fermare questa propaganda: ad esempio lo studio prima citato sull'uso di gas velenoso nel 2013, o le testimonianze su Aleppo che contraddicono il discorso dominante (ad esempio quella di un ex ambasciatore del Regno Unito in Siria).

E’ davvero sorprendente che alcuni ‘sinistri’ molto critici con i mezzi di comunicazione dominante per quello che riguarda le politiche nazionali interne si bevano interamente la ‘narrativa’ occidentale quando si tratta della Russia o della Siria. Ma se i mezzi di comunicazione distorcono la realtà nei nostri paesi, perché non dovrebbero fare lo stesso quando si tratta di paesi stranieri, dove le cose sono più difficili da verificare?

 

Questa critica della propaganda di guerra non ha nulla a che fare con l’ “appoggio” ad un determinato regime, nel senso che tale regime potrebbe essere desiderabile in un mondo libero da politiche interventiste.

 

Le Anime Nobili vogliono “salvare Aleppo”; si vergognano della mancanza di azione della comunità internazionale e vogliono “fare qualcosa”. D’accordo, ma che fare? L’unico suggerimento pratico che è stato dato (a fronte dei recenti avvenimenti) è stato di creare una “zona di esclusione aerea” che potrebbe impedire l’aiuto dell’aviazione russa all'esercito siriano.

Ma questa sarebbe una violazione in più del diritto internazionale, perché la Russia è stata invitata in Siria dal governo legale e internazionalmente riconosciuto di questo paese, per combattere il terrorismo. La situazione della Russia in Siria non è, da un punto di vista giuridico, molto diversa da quella della Francia quando il governo del Mali la invitò a combattere il terrorismo nel suo paese, islamisti che – sia detto en passant – si trovavano in Mali a causa dell’intervento, appoggiato dalla Francia, in Libia.

Oltretutto intervenire militarmente in Siria implicherebbe o una guerra con la Russia o la resa della Russia senza combattere. Chi vorrebbe scommettere sull'ultima possibilità?

 

Per illustrare l’ipocrisia delle Anime Nobili, paragonate la situazione della Siria con quella dello Yemen. Nello Yemen l’Arabia saudita sta commettendo numerosi massacri, in totale violazione del diritto internazionale. Se sei indignato perché non si fa niente per la Siria, perché non fai qualcosa tu stesso per lo Yemen?

Ma c’è una grande differenza tra le due situazioni. Nel caso della Siria un intervento militare potrebbe portare a una guerra con la Russia. Nel caso dello Yemen, invece, basterebbe probabilmente – per esercitare pressioni sull'Arabia saudita – interrompere le forniture militari al paese.

Naturalmente le Anime Nobili sanno perfettamente di non essere in grado di fermare questi rifornimenti. Ma, allora perché indignarsi sulla Siria?

 

Le Anime Belle, d’altro canto, sono contro tutte le guerre, contro ogni violenza. “Condannano” Assad e Putin, chiaro, ma anche Obama, l’Unione Europea, la NATO e chiunque ci sia bisogno. Denunciano, accendono candele e spengono luci. “Danno testimonianza” perché “rimanere in silenzio” significa “essere complici”.

Ciò di cui non si rendono conto è che sul terreno, In Siria, nessuno – né il governo né i ribelli  - conoscono la loro esistenza e se la conoscessero non gliene importerebbe un fico della loro indignazione, delle loro condanne, accensione di candele e spegnimento di luci.

 

Questo non significa che le Anime Nobili e le Anime Belle non abbiano effetto. Ne hanno uno, che è questo: mettersi di traverso a qualsiasi politica estera alternativa nel loro paese, politica che dovrebbe fondarsi sulla diplomazia e sul rispetto della Carta delle Nazioni Unite. Solo una tale politica potrebbe favorire la pace nel mondo, l’equilibrio e l’uguaglianza tra le nazioni e, eventualmente, far progredire la causa dei diritti umani.

Ma la demonizzazione di Assad e di Putin – e di chiunque voglia negoziare con loro – da parte dei sedicenti “difensori dei diritti umani” rende praticamente impossibile politicamente questa alternativa.

 

Per i sedicenti “difensori dei diritti umani” il realismo politico e le conseguenze delle loro azioni non hanno importanza: quello che interessa loro è dimostrare che appartengono al “campo della Virtù”.

Vi immaginate liberi mentre assecondate, una dopo l’altra, le indicazioni dei mezzi di comunicazione dominanti rispetto a quello che dovrebbe essere oggetto della vostra indignazione.

Se io avessi la più piccola illusione rispetto alla lucidità che potreste avere riguardo alle conseguenze delle vostre azioni, chiamerei queste ‘criminali’, a causa del danno che fate all'Europa e al resto del mondo.

Ma, visto che non ho alcuna illusione, mi limito a chiamarvi ipocriti.

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NOTA: [1] Documento finale della 13° Conferenza dei capi di Stato e di Governo del Movimento dei Paesi Non-Allineati, Kuala Lumpur, 24-25 febbraio 2003, art. 354.

 

(*) Belga, fisico teorico e professore dell’Università Cattolica di Lovanio; da: lahaine.org; 11.1.2017

 

(traduzione di Daniela Trollio Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”

 

Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni)

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