AUMENTO DELLE SPESE MILITARI

Sicurezza militare e sicurezza umana

di Roberto Savio (*)

 

L’abbattimento, questa settimana, di un aereo russo da parte della Turchia vicino alla frontiera siriana complicherà ancor più la confusione che attornia la Siria. Putin ha definito la Turchia “complice dei terroristi”, e ha denunciato che il petrolio estratto dall’ISIS, vitale per le sue finanze, viene venduto attraverso la Turchia. Questo era un segreto di Pulcinella, come il segreto che tutti conoscono: che l’Arabia Saudita e il Qatar in realtà finanziano il terrorismo sunnita…

Intanto la Francia sta promuovendo l’appoggio militare dei paesi europei. Il primo ministro britannico, David Cameron, ha già promesso l’appoggio annunciando un aumento del bilancio della difesa di 16.800 milioni di sterline, mentre ridurrà le spese pubbliche rispetto all’educazione e alla salute.

E’ interessante notare che sulle diverse borse valori, a partire dalla City, il prezzo delle azioni dell’industria militare sta salendo…

L’imbroglio dell’ISIS ha fatto aumentare le spese militari. L’Arabia Saudita ha appena comprato dagli Stati Uniti missili per 1.75 mila milioni di dollari, col pretesto di combattere i ribelli Houthi nello Yemen, quelli che – essendo sciiti – sono automaticamente nemici, poiché sono considerati parte del gioco dell’Iran per il potere nella regione. Tenendo conto che gli Houthi non hanno nemmeno un elicottero, è un acquisto interessante..

Nello stesso momento ogni acquisto militare saudita viene replicato dall’Iran, seguito dagli altri paesi del Golfo. Tutti, nella regione, cercano di essere in linea. Il solo paese che non ha aumentato le spese militari è la Tunisia, unico risultato positivo della primavera araba. Ma nessuno sta realmente investendo per rafforzare la sua fragile democrazia. Ciò che è chiaro è che il denaro è sempre disponibile per la guerra, ma è scarso per la pace.

 

Le spese militari dell’anno scorso sono stati di 1,7 bilioni di dollari.

Gli Stati Uniti, il paese che spende di più, aveva un bilancio della difesa di 711.000 milioni di dollari, seguito dalla Cina con 143.000 milioni di dollari, un incremento del 170% dal 2002. La Russia ha registrato un aumento del 53% dal 2014 e ora ha un bilancio di 72.000 milioni di dollari, superando la Gran Bretagna, con 62.700 milioni e la Francia, che raggiunge i 62.500 milioni di dollari. L’aumento del bilancio dovrà essere appoggiato dalla Francia, il che a sua volta significherà un altro aumento del bilancio russo, come ha già annunciato il presidente russo Vladimir Putin.

 

Ai bilanci militari della difesa ora va aggiunta la spesa derivata dall’antiterrorismo.

L’Istituto per l’Economia e la Pace (IEP) ha stimato i costi diretti dell’antiterrorismo nel 2014 in circa 53.000 milioni di euro. Nei costi diretti vengono contemplati la perdita di vite umane e i danni alla proprietà.

E’ chiaro che crescerà durante il 2015 e ancor più nel 2016.

Se sommiamo i costi indiretti a quelli diretti, la cifra salirà in maniera esponenziale. Qual è il costo della perdita nel settore turistico, quale la riduzione dei clienti nei ristoranti, ai concerti e ad altri eventi pubblici?

 

Per il Giubileo Straordinario (dall’8 dicembre 2015 al 20 novembre 2016)  indetto da Papa Francesco, le stime delle presenze dei pellegrini  sono calate da 30 a 20 milioni. In Piazza San Pietro, nonostante la sicurezza molto stretta, si è prodotto un abbassamento del 50% nel numero dei fedeli lì riuniti ad ascoltare il discorso settimanale del Papa.

 

Secondo l’IEP, l’anno scorso il costo degli organismi di sicurezza nel mondo era di 117.000 milioni di dollari, guidato dagli Stati Uniti che spendono il 70 per cento del totale. Dagli attentati alle Torri Gemelle e al Pentagono l’11 settembre 2001, gli USA hanno investito 1,3 mila milioni di dollari, una media di 73 milioni all’anno per migliorare o ampliare il funzionamento dei loro organismi di sicurezza.

 

La verità è che siamo davanti ad una vittoria di Bin Laden  e della crescente successione di gruppi terroristici apparsi in seguito. L’Occidente si è visto obbligato a fare considerevoli spese e ha patito un cambio drastico di stile di vita.

 

Vale la pena ricordare che quando George Bush padre era presidente degli Stati Uniti, nel 1991, durante la guerra contro l’Iraq per castigare Saddam Hussein per aver invaso il Kuwait, annunciò che lo “stile di vita americano non era negoziabile”.  La paura sta alimentando la xenofobia … ammettere 10.000 rifugiati siriani sarebbe una minaccia per gli USA, secondo il Congresso statunitense.

 

Ma … siamo sicuri che l’opzione militare è la risposta giusta al terrorismo? Le guerre convenzionali sono già finite. I 50.000 combattenti dello Stato Islamico non sopravvivrebbero neanche un mese contro un esercito regolare. Ma il conflitto siriano è di fatto un conflitto di potere giocato da vari paesi, che hanno ridotto i siriani a meri strumenti.

 

Il massacro di Parigi non è stato compiuto da siriani, ma da europei di ascendenza araba di seconda e terza generazione, il cui profilo sociale è evidente: giovani isolati nel loro ghetto, emarginati dalla società, che si sono sentiti umiliati dalla mancanza di dignità e di lavoro.

Nessuno di loro era un credente praticante, ma tutto il contrario. Tuttavia hanno incontrato nel terrorismo la loro redenzione, la loro dignità e la loro vendetta contro una società che, a loro giudizio, li aveva esclusi.

 

Non è con un aereo da combattimento che si sconfiggeranno i terroristi europei. Ciò nonostante la maggior parte dell’aumento nei bilanci della difesa va ad armi avanzate, che non hanno alcuna relazione con la sicurezza contro il terrorismo.

E’ possibile che un caccia bombardiere sia utile contro l’ISIS, ma solo una volta che tutti gli attori – Russia, Stati Uniti, Francia ed Europa, Arabia Saudita, Qatar, Turchia, Iran, i kurdi, Hezbollah e altri – riescano a raggiungere un accordo politico.

 

E’ arrivata l’ora di accettare che i cittadini europei non si sentiranno più sicuri sapendo che le loro forze armate hanno più aerei da combattimento, come nemmeno si sentiranno sicuri i cittadini dell’Arabia Saudita nel rendersi conto che avranno altre 220 rampe di lancio per i missili.

 

Europa e Arabia Saudita sono due mondi con realtà molto differenti, ma con problemi sociali simili: alta disoccupazione giovanile, scioccanti disuguaglianze sociali e diminuzione della spesa pubblica.

I leaders dell’Arabia Saudita sono abituati a comprare la gente, ma le loro riserve finanziarie sono andate riducendosi dalla caduta del prezzo del petrolio. Il Fondo Monetario internazionale (FMI) li ha avertiti che se continuano ad accumulare deficit a livello attuale, in 10 anni gratteranno il fondo del barile.

Intanto gli Stati Uniti sono in una fase di recupero, ma il 14,5 della loro popolazione è ufficialmente in povertà, per cui nessuno sfugge al problema della sicurezza umana…

 

Cosa farebbe sì che le persone si sentissero sicure? Oltre alla sicurezza militare, la loro sicurezza personale. Questo significa avere accesso ad una buona educazione, a cure sanitarie, all’eguaglianza per accedere ad un lavoro decente e una strada chiara per una vecchiaia dignitosa.

E’ evidente a  tutti che se gli autori del massacro di Parigi avessero avuto accesso a questo tipo di sicurezza umana, non si sarebbero fatti coinvolgere dal terrorismo, cosa che è stata ripetutamente segnalata dai sociologi e dagli esperti nella lotta al terrorismo che hanno analizzato i profili dei responsabili della mattanza.

Come ha dichiarato un adolescente senegalese alla tv France-5 mentre mostrava i alcuni segni sul suo corpo, “sono stato bastonato dalla polizia, non dai terroristi. E per noi, qui in questo ghetto, o si finisce nel traffico o in altri reati minori, o non abbiamo alcun modo di vivere, perché non possiamo trovare un lavoro”. Ma la Francia aumenterà la sicurezza militare, non la sicurezza umana.

 

I paesi europei stanno riducendo i bilanci per la cooperazione internazionale. Le nazioni nordiche stanno spostando i fondi destinati ai paesi poveri verso gli aiuti ai rifugiati.

Al vertice euro-africano tenutosi a Malta l’11 novembre, destinato a fornire più risorse ai paesi africani per evitare che i loro cittadini emigrino in Europa, i paesi europei hanno “donato”  dei miseri 1,9 mila milioni di euro per un intero continente, mentre la Turchia riceve 3 mila milioni per i rifugiati sul suo territorio. Il fatto è che la Turchia è molto più vicina all’Europa…

 

Anche se tutti sono d’accordo che una definizione reale della sicurezza vada vista da due angoli, uno militare e uno umano, c’è una drammatica mancanza di coerenza. Se il mondo assegnasse solo il 10% delle spese militari alla sicurezza umana, questo si tradurrebbe nell’incredibile cifra di 170 mila milioni di dollari, sufficiente a portare a buon fine gli ambiziosi obiettivi di sviluppo sostenibile indicati in settembre alle Nazioni Unite da tutti i capi di Stato del mondo, risolvendo così tutti i problemi sociali.

Ma naturalmente esiste una grande breccia tra la retorica e la realtà, il che è una delle principali cause della diminuzione della fiducia nelle istituzioni politiche.

 

Il miglior esempio della relazione tra operazioni militari e investimenti umani è stata l’invenzione degli Stati Uniti in Somalia nel 1993. Essa fu concepita per fornire 90 milioni di dollari, ma i costi militari della distribuzione di questi 90 milioni di dollari di aiuti arrivarono a più di 900 milioni di dollari.

Nei Balcani, i soli Stati Uniti spesero 25 mila milioni di dollari nella guerra contro la Serbia, nel cosiddetto “intervento umanitario”.

 

Quindi è evidente che, destinando solo il 10 per cento alla sicurezza umana e il 90 per cento alla sicurezza militare, possiamo ragionevolmente supporre che altri terroristi, con la supervisione dall’estero, appariranno in Europa.

Il fatto è che ci sono molti più interessi nella spesa militare di quelli che ci sono nella povertà e nell’ingiustizia.

 

Si può supporre con certezza che continueremo ad aumentare le spese militari, per espandere ogni volta di più la sicurezza, con serie limitazioni alla privacy e alla dignità. Il mondo sta entrando in un periodo in cui la paura si trasformerà nella sensazione quotidiana di molti cittadini. Andiamo all’indietro in termini di civilizzazione.

 

Uno stereotipo cinico, sostenuto da alcuni storici, afferma che i cambiamenti nel mondo sono sempre stati causati dall’avidità o dalla paura. E’ evidente che ci trovavamo in un periodo di avidità. L’avarizia è stata un fattore determinante nel dimenticare valori come la solidarietà e la giustizia.

 

Se qualcuno ruba un pollo, il giudice è obbligato ad emettere una sentenza, che verrà sospesa ma che continuerà ad essere una sentenza. Il presidente della Volkswagen, che ha truffato milioni di persone ed ha contribuito in grande misura alla contaminazione ambientale, se ne va a casa con una pensione altissima e con quasi 50 milioni di euro di indennizzo. Quanti polli si possono comprare con 50 milioni di euro?

E poi qualcuno può stupirsi se alcuni giovani emarginati considerano il mondo corrotto, ritengono che debba essere salvato da un auto-sacrificio per un mondo migliore e puro?

 

Per la prima volta da molto tempo, non è la sicurezza dell’economia quella al centro del dibattito. Questo significa che stiamo passando da un ciclo di avidità ad un ciclo di paura? Il progresso è questo?

 

La storia può offrire una lettura diversa: la civilizzazione non è avanzata attraverso gli scontri, ma tramite la cooperazione; non per la guerra ma per la pace; non per l’aggressione ma per la tolleranza; non per l’egoismo ma per la solidarietà …. E non per la sicurezza militare ma per la sicurezza umana.

 

(*) Giornalista, analista politico italo-argentino. Creatore della Inter Press Service (IPS);  da: surysur.net; 27.11.2015

 

(traduzione di Daniela Trollio  Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”  Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni) 

 

 

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