Editoriale della rivista "nuova unità"

Di fronte al definitivo attacco all’art. 18 - iniziato con le lacrime della Fornero nel governo Monti - il jobs act, nuove misure come quelle sulla rappresentanza, i continui veri licenziamenti, la repressione nei luoghi di lavoro, comprese le multe alle avanguardie, le populiste false promesse di Renzi e del suo governo guerrafondaio, abbagliano sempre meno.


Lo stravolgimento istituzionale e costituzionale che porta al rafforzamento del potere esecutivo minando la stessa democrazia parlamentare borghese, sono frutto dei potenti uomini della finanza italiana e internazionale, delle grandi banche, delle multinazionali e dei monopoli che tirano i fili del burattino Renzi per avere mano libera nella realizzazione dei loro sempre maggiori profitti, in questo pienamente appoggiato dal Presidente della Repubblica – che, mentre si riempie la bocca sulla difesa della Costituzione, si rende complice e artefice del più grande attacco ai principi da essa sanciti sull'antifascismo portato avanti dalla Liberazione ad oggi.

Il debito pubblico supera i 2mila miliardi di euro come si può pensare di sanarlo quando questo genera da solo oltre 80 miliardi di interessi passivi all'anno? Tagli su tagli non saranno mai sufficienti e le spese ricadono solo sui lavoratori e le masse popolari, sempre più costretti a sacrifici enormi, ricattandoli per i prossimi 50 anni.

I tagli alle regioni e ai comuni varati con l'ultima manovra ricadranno ulteriormente sui redditi più bassi che saranno costretti a nuove tasse locali mentre basterebbe tagliare per tre mesi quanto si spende nel militare.

I servizi, la sanità pubblica, la scuola, i trasporti, il carburante, aumenteranno. Insomma, si continua a gettare nel pozzo senza fondo dell'interesse dei grandi capitali privati quantità smisurate di soldi pubblici che sarebbero fondamentali per interventi nei servizi sociali, per le zone terremotate, per i dissesti idrogeologici. Ma Renzi, per mantenersi il posto, deve inventare qualcosa.

Dopo gli 80 euro in busta paga per una fascia di lavoratori, usati per scopo elettorale, ora tocca alle neo mamme. Altri 80 euro al mese per il bonus bebè, indiscriminatamente, perfino a chi guadagna 90mila euro l’anno. La gran parte di pensionati sotto i 1000 euro al mese non gli interessano… sono vecchi e magari non vanno neanche più a votare! Il solo settore che aumenta – di sicuro accordo con il Presidente della Repubblica - è quello della guerra! Il governo Renzi è fedele all’alleanza militare – ricordiamo che l’Italia concede gran parte del territorio italiano alle basi Usa e Nato dalle quali partono gli attacchi contro paesi che l’imperialismo ha tutto l’interesse di depredare, e contribuisce al loro mantenimento che è top secret ma che si stima in circa 400 milioni di dollari all’anno. Con la Nato, infatti, crescono gli impegni dell’Italia e gli unici grandi investimenti economici. Renzi si è impegnato – ovviamente scavalcando il Parlamento - ad aumentare la spesa militare italiana – che oggi è di 70 milioni di euro al giorno - dall’1,2% a 2% del Pil, pari a 100 milioni di euro al giorno.

Non si tratta solo dei famigerati F35. Sempre scavalcando il Parlamento il governo Renzi mantiene – rispondendo agli ordini di Obama - le forze militari in Afghanistan per una guerra costata 600 miliardi di dollari, partecipa all’“aiuto” economico alla casta dominante come la famiglia Karzai, arricchita con i miliardi Nato, gli affari sottobanco e il traffico di droga, di ben 4 miliardi di dollari all’anno giustificati come “sostegno alla società civile”.

Oltre a trascinare l’Italia in nuove guerre ci rendiamo conto di quali enormi cifre siano?

Si impegna a partecipare allo schieramento di forze militari nell’Est europeo appoggiando i nazisti ucraini e a far parte della coalizione di dieci paesi che, col pretesto di combattere l’Isis (altra creatura generata dall’imperialismo), vuole intervenire militarmente in Siria e in Iraq, per partecipare alla spartizione della torta del bottino imperialista che le maggiori potenze Usa e UE gli potranno lasciare come i resti di una preda che i leoni lasciano alle iene.

Dal summit Nato dello scorso settembre è emersa un’accresciuta cooperazione industriale tra Nato e UE. Tutti gli alleati devono assicurare che le loro forze terrestri, aeree, navali siano conformi alle direttive Nato e possano “operare insieme in maniera efficace secondo le dottrine e gli standard Nato”. E gli scenari di guerra non mancano: Iraq, Palestina, Siria, Ucraina, Libia, Afghanistan. I monopoli si fanno la guerra per spartirsi le risorse del mondo, i governi – non fa eccezione quello italiano - rappresentano i loro interessi per cui sarebbe una tragica illusione sperare in soluzioni favorevoli al popolo.

Un’altra tegola, inoltre si sta abbattendo sulle nostre teste, è il TTIP, il trattato di libero commercio tra Stati Uniti ed Unione europea che per la sua definizione vedrà protagonista il Governo italiano attualmente gestore del semestre europeo. Una vera e propria bomba ad orologeria contro libertà e democrazia, un attentato alla salute, alla cultura, alla formazione.

È per questo che noi comunisti sosteniamo che non c’è nessuna speranza di ri-presa, così come ce la prospettano i politicanti.

La crisi è del capitalismo e dell’imperialismo e da questa crisi si esce solo con l’abbattimento di questo si-stema, ma per farlo è indispensabile che la classe operaia diventi protagonista della politica e respinga tutte le illusioni che partiti e movimenti cercano di in-culcare. Il movimento operaio si mobilita nonostante i tentativi frenanti dei sindacati confederali, ma la lotta di classe nella sua vera essenza stenta ancora a ripartire.

I lavoratori, mossi da esigenze di tipo economico, limitano la protesta - se pure giusta - sul piano rivendicativo e di resistenza. In molte situazioni organizzandosi autonomamente perché i sindacati confederali non svolgono il loro ruolo di difesa della classe lavoratrice e da anni, ormai, concertano e cedono alle esigenze del padronato e dei governanti che lo rappresentano. Significative le esperienze degli ultimi mesi.

A Livorno i lavoratori hanno dato vita ad un coordinamento cittadino per affrontare la crisi con la partecipazione attiva; a Pontedera gli operai sono decisi a contrastare la nuova offensiva padronale che vuole avere mano libera su tutto il lavoro, e poi ci sono gli scioperi generali indetti dai sindacati di base.

La lotta che ci aspetta non sarà una passeggiata perché si tratta di fare i conti con anni di lavaggio del cervello dei vari partiti di “sinistra” sulla possibilità di arrivare a governare attraverso le elezioni, con anni di uso della delega: dateci il voto e ci pensiamo noi… e quando arrivano in Parlamento fanno solo i fatti propri. Così come la delega ai vertici sindacali ha fatto sì che i lavoratori diventino una massa da mobilitare solo in occasione di qualche sfilata nazionale, organizzata per placare la crescente protesta popolare affinché i padroni dormano sonni tranquilli.

Che, nel frattempo, usano la crisi per delocalizzare (sfruttando la manodopera a basso prezzo di altri Paesi), pagare sempre meno, licenziare quando vogliono, aumentare i ritmi a discapito della sicurezza e della salute per mantenere alti i propri profitti.

Noi comunisti proponiamo una via diversa: l'abbattimento di questo sistema, per una società socialista.

C’è già stato un esempio fondamentale nella liberazione dei lavoratori: la Rivoluzione d’Ottobre

Che ha trasformato un paese arretrato dove si moriva di fame in un grande paese sviluppato, con il proletariato al potere, capace di vincere la grande potenza nazista e di tenere testa agli assalti imperialisti diventando punto di riferimento e guida per la lotta di liberazione di tutti i popoli e i proletari del mondo.

Caduta solo grazie all'accerchiamento capitalista e alla incessante opera di penetrazione imperialista con la corruzione dei partiti comunisti al potere che, pervasi di revisionismo, hanno abbandonato la lotta di classe e accettato la coesistenza pacifica con l'imperialismo.

Se il socialismo è stato temporaneamente battuto, il capitalismo dimostra che non è vincente, non riesce a dare una soluzione di vita superiore al socialismo ma solo a generare guerre, fame, distruzione e morte: rimane sempre più valida la parola d'ordine socialismo o barbarie!


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