RANE

 

Rane

 

di Marìa Vacas Sentìs (*); da: rebelion.org; 11.2.2014 

 

Da qualche parte ho letto che se si mettono varie rane dentro un pentolone con dell’acqua fino a portarla ad ebollizione, si vedrà che questi animali nuotano tranquillamente adattandosi alla tiepidezza confortevole del calore fino a che è troppo tardi per fuggire dalla pentola infernale.

 

Quando l’acqua comincia  bollire, le rane muoiono. La loro capacità di adattamento alle condizioni ambientali, all’aumento della temperatura, gioca loro un brutto scherzo invece di aiutare la loro sopravvivenza. 

 

Darwin diceva che gli esseri umani che sopravvivono non sono i più forti, né i più intelligenti, ma sono quelli che possiedono maggiore capacità di adattamento alle condizioni ambientali, alle circostanze.  

 

Ma, forse, non può succedere che questo stesso potere di adattamento alle situazioni più avverse possa rivelarsi un boomerang contro la sopravvivenza di un gruppo umano e del Pianeta stesso? Che sia un freno che gli impedisca di ribellarsi contro le ingiustizie, la restrizione dei diritti e il peggioramento della  sua qualità di vita, quando gli arretramenti non si producono di colpo ma si avvicendano uno dopo l’altro in una forma graduale ma inesorabile?

 

 Se si intimidiscono le persone gradualmente, se la corda all’inizio è lunga per poi stringersi, il risultato è che ci abituiamo alla carezza sempre più intima della fune intorno alla gola. Se si inietta la paura nelle persone e le si sottomette ad annunci di terribili catastrofi che poi non succedono nella forma prevista, la sensazione che ne risulta è di sollievo e sottomissione. Grati perché, incatenati al palo, ci permettono di mangiare, respirare e persino girargli attorno. 

 

Ci abituiamo a ogni calamità abusiva, a ogni umiliazione antidemocratica generalizzata; come le rane al calore; e ben presto circolano nelle strade e sulle reti sociali vignette e barzellette, come  formula di fuga, che mostrano la nostra capacità infinita di distrazione, nello stesso modo in cui nelle veglie funebri risuonano le risate nel grossolano tentativo di eludere il dolore della morte. 

 

Mi domando: quale grado massimo di calore potremo sopportare? Saremo capaci di saltar fuori dal pentolone prima di arrostirci come le povere rane dell’esperimento?. 

 


(traduzione di Daniela Trollio Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli” Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni)

 

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