VENEZUELA

il presidente incaricato Nicolàs Maduro
il presidente incaricato Nicolàs Maduro

Gli Stati Uniti cercano di recuperare il loro controllo sul Venezuela

di Yusuf Fernàndez

 

Poco dopo la morte del leader della Rivoluzione Bolivariana e presidente del Venezuela, Hugo Chàvez, alcuni media della destra statunitense hanno lanciato una campagna di calunnie, descrivendolo come un leader “autoritario” e “provocatore di divisioni”. Alcuni hanno anche espresso la loro speranza che il progetto politico di Chàvez crollasse.

Ma, come tutto il mondo può vedere, sono i governi di Stati Uniti e Canada, e non Chàvez, quelli che sono isolati nel continente. I presidenti di tutta l’America Latina sono andati a Caracas per partecipare al funerale e a rendere omaggio a Chàvez. Lì molti di essi hanno riaffermato il loro appoggio agli ideali di giustizia sociale e sviluppo, integrazione e indipendenza per l’America Latina che il leader venezuelano ha appoggiato per tutta la sua vita. Molti messaggi di simpatia e solidarietà sono arrivati a Caracas, dal Messico all’Argentina.

Vari governanti latinoamericani hanno affermato che, anche in assenza del leader della Rivoluzione Bolivariana, avrebbero continuato a lavorare insieme per sviluppare gli ideali di Hugo Chàvez, che sono stati messi in pratica con successo. Anche il capo di Stato della Colombia – un paese nemico del Venezuela durante il mandato dell’ex presidente Alvaro Uribe – José Manuel Santos ha elogiato l’impegno di Chàvez e del governo del Venezuela nel processo di pace nel suo paese.

 

 

In forte contrasto con i caldi tributi di tutta l’America Latina, le dichiarazioni del presidente statunitense Barak Obama sono state considerate dispregiative della figura di Chàvez, il che corrisponde all’atteggiamento dei passati governi verso la crescente indipendenza del Venezuela e dell’America Latina. Obama ha parlato di “un nuovo capitolo nella storia del Venezuela” e , come se quest’ultimo fosse un paese dittatoriale, ha aggiunto che gli USA “continuano nel loro impegno per politiche che promuovano i principi democratici, l’impero della legge e il rispetto dei diritti umani”. Obama non ha neppure fatto le sue condoglianze per la morte di Chàvez.

In realtà Obama dovrebbe “conoscere meglio” ciò di cui parla. I venezuelani, secondo le inchieste, danno alla loro democrazia il voto 7 su 10, mentre la media latinoamericana è di 5,8. Mentre l’81% ha votato nelle passate elezioni venezuelane, solo il 57,5% lo ha fatto nelle elezioni presidenziali statunitensi del 2012.

 

Da parte sua, la portavoce del Dipartimento di Stato, Victoria Nuland, ha detto ai media che il suo governo stava aspettando una decisione delle autorità venezuelane sulla “transizione”; stava cioè dicendo ai venezuelani che Washington vuole che essi facciano marcia indietro e, di fatto, cancellino la loro indipendenza e i loro risultati sociali.

Ma, in una dichiarazione, il ministro degli Esteri venezuelano ha descritto le irrispettose e insolenti dichiarazioni della Nuland come “una nuova e volgare ingerenza statunitense negli affari interni venezuelani”.

Nello stesso tempo tutte queste dichiarazioni di alti responsabili degli USA hanno provocato una grande indignazione tra il popolo venezuelano, che aveva accompagnato il suo presidente con affetto e dolore durante i funerali. La denigrazione di Chàvez da parte di Obama ha offeso la maggioranza dei venezuelani, sia quelli che avevano votato per rieleggerlo come loro Presidente il 7 ottobre sia quelli che non lo avevanofatto.

 

Ma non è la prima volta che Obama si è visto isolato. Nel Vertice delle Americhe della OEA del 2012, a Cartagena, USA e Canada sono stati duramente criticati, specialmente per il loro NO a permettere che Cuba vi partecipasse. Questo ha rappresentato un forte contrasto con il Vertice precedente del 2009, quando i leaders latinoamericani – compreso Chàvez – salutarono con calore Obama perché credevano erroneamente che egli avrebbe potuto aprire una nuova fase nella storia delle relazioni tra USA e America Latina.

 

Maduro accusa

Poco dopo la morte di Chàvez, il governo venezuelano ha espulso l’aggiunto delle Forze Aeree dell’Ambasciata USA a Caracas e il suo immediato subordinato, affermando che essi avevano mantenuto “contatti impropri” con ufficiali venezuelani al fine di destabilizzare il paese.

Gli USA hanno risposto espellendo il secondo segretario dell’Ambasciata del Venezuela a Washington e un altro diplomatico. Infine, il governo venezuelano ha ordinato un’inchiesta per sapere se il cancro di Chàvez sia stato indotto dai nemici della sua Rivoluzione Bolivariana, in particolare l’ambasciata statunitense.

Da parte sua, il presidente incaricato Nicolàs Maduro ha promesso di continuare il cammino di Chàvez e di opporsi ai “tentativi dell’Impero di impedire che l’indipendenza del Veenzuela e dell’America Latina si consolidi”.

Egli ha anche annunciato che “alcuni, al Pentagono e nella CIA , stanno cospirando rispetto alle elezioni che si avvicinano nel paese. Vi sto dicendo l’assoluta verità – ha detto Maduro – perché abbiamo testimoni e informazioni dirette, di prima mano”.

Egli ha accusato direttamente un gruppo di ex responsabili statunitensi – compresi Roger Noriega, Otto Reich e John Negroponte – di lavorare per destabilizzare il Venezuela. Poco dopo Maduro ha aggiunto che il Venezuela aveva scoperto un complotto di quegli stessi circoli per uccidere il suo oppositore nelle elezioni, Henrique Capriles Radonski. L’implicazione era che l’attacco contro il candidato della destra sarebbe stata una provocazione diretta a creare il caos nel paese. Maduro non ha dato altri dettagli.

 

Otto Reich fu ambasciatore in Venezuela dal 1986 al 1989 e segretario di Stato aggiunto per i temi dell’Emisfero Occidentale nell’amministrazione di George W. Bush. E’ stato profondamente implicato nel golpe anti-Chàvez del 2002 ed era amico intimo dell’industriale e avvocato della destra Robert Carmona-Borjas, che fuggì dal paese sudamericano poco dopo il fallimento del golpe, in cui anch’egli era profondamente coinvolto.

Il secondo individuo denunciato da Maduro è Roger Noriega, rappresentante permanente degli USA nell’Organizzazione degli Stati Americani (OEA). Anche Noriega appoggiò il fallito golpe del 2002. Dopo il colpo di stato militare in Honduras nel 2009, Noriega ha lavorato come lobbysta per il nuovo regime.

Il terzo individuo, John Negroponte, è stato direttore dei Servizi segreti nazionali ed implicato attivamente nella guerra dei “contras” contro il Nicaragua sandinista nel decennio 1980.

Va ricordato che questi tre individui hanno scritto numerosi articoli in cui chiedevano all’Amministrazione statunitense di adottare la linea dura contro il Venezuela.

 

Tutti questi fatti dimostrano che l’Amministrazione Obama continua a portare avanti le stesse politiche fallimentari, ereditate dalla Guerra Fredda, verso l’America Latina che George W.Bush ha messo in pratica. Washington continua a militarizzare gran parte del continente e a spendere enormi somme di denaro per creare governi obbedienti, addestrare eserciti, dispiegare truppe e costruire nuove basi militari in paesi come il Guatemala, Panama, Belize, Honduras e Repubblica Dominicana.

 

Reimporre il vecchio ordine

Va segnalato che i discorsi di Obama e della Nuland sono in linea con il discorso politico della corrotta e aggressiva destra venezuelana, il che mostra nuovamente i vincoli di subordinazione di quest’ultima rispetto alle politiche statunitensi.

L’oligarchia venezuelana aiutò gli USA a portare avanti la loro agenda neoliberista in Venezuela attraverso il Fondo Monetario Internazionale (FMI) e la Banca Mondiale, come fecero nel resto dell’America Latina.

Nel 1989 l’allora presidente Carlos Andrès Pérez implementò il cosiddetto “Consenso di Washington” di politiche neoliberiste – privatizzazioni e tagli ai servizi sociali – e, di conseguenza, mise fine ai sussidi al petrolio e i prezzi della benzina e dei trasporti pubblici raddoppiarono.

Le proteste scoppiarono in un quartiere periferico di Caracas e si estesero alla capitale. Carlos Andés Pérez revocò allora il diritto costituzionale di protestare e dispiegò i militari, che uccisero circa 3.000 persone. In generale, durante il mandato di Pérez il livello di vita continuò a cadere per tutti, salvo i più ricchi.

 

Ma Chàvez ha tolto il popolo venezuelano dalla povertà. Ha utilizzato le entrate petrolifere per finanziare programmi di educazione e, così, più persone sono riuscite ad accedere all’Università. Il governo venezuelano ha ampliato l’accesso alla cure sanitarie e dentali e ha promosso la riforma della terra e della casa. Ha creato supermercati sussidiati e migliaia di cooperative di lavoratori.

In Venezuela, dove gran parte della popolazione viveva sotto la soglia di povertà, questi programmi hanno avuto un enorme impatto. Oggi il fossato tra ricchi e poveri in Venezuela è la metà di quello che esiste negli Stati Uniti, e il Venezuela è anche stato classificato come “la quinta nazione più felice” da Gallup (famoso istituto statunitense di sondaggi, n.d.t.).

 

Insieme al suo popolo, Chàvez è stato capace di liberare il paese dal giogo statunitense ed è diventato il promotore di una sollevazione latinoamericana contro il dominio nordamericano. Egli ha aperto la strada per creare la Banca del Sud con lo scopo di finanziare progetti in America Latina e permettere che altre nazioni si liberassero anche dalla dominazione del FMI e della Banca Mondiale.

 

Dai consigli locali alle fabbriche, il Venezuela ha portato a termine uno degli esperimenti di democrazia diretta e controllo dei lavoratori più di successo al mondo, il che lo rende un paese molto più democratico che gli stessi Stati Uniti, dove poveri e persone ordinarie sono esclusi dalla politica e dalle decisioni, e i molto ricchi governano il paese attraverso una democrazia formale e diretta, che assicura che questi settori siano quelli che più guadagnano dall’economia.

 

In questo senso, mentre Chàvez è stato una figura chiave nella creazione e nello sviluppo di questi programmi e iniziative, è il popolo venezuelano che li ha portati alla vita e li manterrà vivi dopo la sua morte. Lo slogan “Siamo tutti Chàvez” non è fatto di vane parole, ma esprime la coscienza di un popolo che vuole che il processo continui.

Recentemente un venezuelano ha detto ad un giornale straniero: “I nordamericani e l’opposizione credono che se Chàvez, come persona, scomparirà la rivoluzione finirà e il vecchio ordine verrà di nuovo imposto; dobbiamo fargli vedere che non sarà così”.

 

(*) Giornalista spagnolo; da: rebelion.org; 1.4.2013

 

(traduzione di Daniela Trollio Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli” Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni)

 

 

 

 

 

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