DEBITO PUBBLICO

L’austerità aumenta il debito

di Andy Robinson (*); da: lavanguardia.com; 6/11/2012

 

Nessuno, ai vertici del potere a Bruxelles, Francoforte e Berlino, è stato licenziato per incompetenza.

E neppure, che sappia io, è capitato che un ministro o un alto funzionario abbia chiesto scusa.

Ma ormai è sempre più chiaro che è stato commesso un errore dalle conseguenze disastrose per i cittadini europei nel rispondere alla crisi in Europa. Tre anni fa fu calcolato che i tagli fiscali avrebbero permesso di ridurre i grandi livelli di indebitamento pubblico e avrebbero ristabilito la fiducia dei mercati. Ora sempre di più cresce l’idea che il risultato è esattamente il contrario….

I tagli stanno provocando un aumento del volume del debito pubblico (e privato) come percentuale del PIL, dato il loro impatto sull’attività economica.

 

Il Fondo Monetario Internazionale (FMI) ha riconosciuto, il mese scorso a Tokio, in un allegato tecnico del suo rapporto sulle previsioni economiche che l’impatto dei tagli sulla crescita europea – e quindi delle entrate tributarie e del costo delle prestazioni sociali - potrebbe essere tre volte più grande di quanto si era pensato nel progettare i tagli stessi.

Ora, uno degli istituti di analisi più importanti d’Europa, il National Institute of Economic and Social Research (NIESR) di Londra fa un passo in più dopo aver analizzato i tagli e i cosiddetti moltiplicatori fiscali in tutti i paesi europei.

 

Secondo il NIESR, i tagli non solo hanno causato enormi danni al tessuto sociale di alcuni paesi europei - facendo salire alle stelle la disoccupazione, lasciando intere famiglie sulla strada, condannando i bambini ad un basso rendimento scolare e, più avanti, ad una più grande emarginazione sociale dovuta al drastico aumento della povertà infantile e della disuguaglianza. Non solo hanno causato tutto ciò ma si sono anche rivelati “controproducenti” per quanto si riferisce all’obiettivo di ridurre il debito, avverte il nuovo rapporto dell’istituto londinese: “Secondo la nostra ricerca, la consolidazione fiscale coordinata non solo ha avuto sulla crescita un impatto più forte di quanto ci si aspettava, ma ha anche aumentato – invece di diminuirle – le percentuali di debito rispetto al PIL”, afferma l’istituto, “con i piani di consolidamento fiscale già in atto, le percentuali di debito saranno maggiori nel 2013 nella UE invece di essere più bassi”. Ovvero “Nel caso non si fossero adottate queste politiche, i livelli di debito rispetto al PIL sarebbero inferiori”, come conclude il rapporto.

 

Leggetelo un’altra volta nel caso non abbiate realizzato il grado di follia di quanto è accaduto: “Nel caso non si fossero adottate queste politiche, i livelli di debito rispetto al PIL sarebbero inferiori”.

In altre parole, il dolore che stanno soffrendo molti abitanti della periferia europea, forse voi stessi, non è servito a niente. Di fatto è stato un dolore controproducente che non fa parte di un processo di recupero ma che – come di fatto succede in molte malattie organiche – la sofferenza sta aggravando la condizione soggiacente.

 

Nel caso della Spagna, il NIESR calcola che il debito pubblico come percentuale del PIL alla fine del prossimo anno sarà di 5 punti percentuali maggiore di quello che sarebbe stato senza l’adozione dei tagli. Nel caso della Grecia l’errore è una autentica catastrofe: il debito è di 30 punti percentuali in più al di sopra di dove sarebbe se non si fossero adottati i tagli.


I risultati dell’analisi dell’équipe di economisti del NIESR dimostrano quantitativamente fino a che punto le politiche adottate in Europa hanno avuto conseguenze diametralmente opposte a quelle desiderate. Questo “risultato perverso” è una conseguenza della “brusca contrazione” del PIL provocata dall’austerità. Nel cercare di realizzare simultaneamente i tagli in vari paesi l’impatto negativo sull’attività economica europea è ancor più grande.

 

Venerdì ho parlato con Jonathan Portes, il direttore del NIERS e autore del rapporto con Dawn Holland. Portes ha definito le politiche di austerità della UE “un terribile errore”.

Ne sono responsabili non solo gli eurocrati di Bruxelles e Francoforte o gli accaniti ortodossi di Berlino ma anche coloro che nei loro paesi hanno adottato duri tagli, utilizzando argomenti populisti e richiamandosi al senso comune semplicistico dello “stringere la cinghia” per abbassare il debito.


Il Partito Conservatore britannico e il Partito Popolare in Spagna hanno vinto le elezioni presentando, rispettivamente, una strategia economica ingannatrice che difendeva l’idea che l’austerità potesse essere il motore della crescita visto che – si sosteneva – la ritirata dello Stato avrebbe ridotto un problema di “crowding out” (esclusione) del settore privato e avrebbe creato un margine per maggiori investimenti privati che avrebbe compensato l’impatto dei tagli sulla domanda.


Ma gli economisti che hanno una prospettiva storica sanno benissimo, a partire dall’esperienza degli anni ’20 e ’30, che – quando vi è molta capacità economica sottoutilizzata, come in Europa e negli USA attualmente – non può esistere un problema di crowding out. Proprio il contrario. “La paura che paralizza l’investimento privato in questo momento può essere combattuta solo grazie a forti investimenti pubblici per resuscitare la domanda aggregata, per generare opportunità di affari e stimolare i cosiddetti “animal spirits”. L’idea di una contrazione espansiva non è mai stata plausibile e ora è totalmente screditata”, afferma Portes.

Il governo di David Cameron prevedeva un aumento del 20,3% degli investimenti privati nel 2011 e 2013 grazie alla ritirata della spesa pubblica. In realtà l’aumento degli investimenti è stato del 2,5% … “In Spagna, dove non c’è flessibilità del tasso di scambio, l’austerità è ancor più dannosa che nel Regno Unito” dice Portes.

 

Secondo il rapporto NIERS, gli effetti moltiplicatori di un taglio fiscale sono elevati soprattutto in un’economia in fase prolungata di recessione, in cui l’attività economica è al di sotto del suo livello massimo precedente. Dato che i tassi di interesse in un’economia depressa con alti livelli di debito pubblico e privato come l’attuale sono prossimi allo zero, è impossibile che il consolidamento fiscale sia compensato da tagli di questi tassi..

Di più, avverte Portes: “Se le misure di austerità vengono adottate simultaneamente in paesi dipendenti dalla domanda interna, non funziona mai” afferma. “E’ un’ironia perché l’Unione Europea fu creata per evitare l’impatto della mancanza di coordinamento”, afferma.


L’argomento che non vi è altro rimedio che continuare con l’austerità, visto che i mercati la esigono, parte da un “ragionamento falso”, aggiunge. “I mercati non sono tonti; capiscono l’impatto sulla crescita” dice Portes. Di fatto, molti dei partecipanti al mercato la pensano come il F.M.I. e come il NIERS, così come economisti di grandissimo prestigio come Brad De Long, Larry Summer, Paul Krugman, Charles Wyplosz, Paul de Grauwe e molti altri: l’austerità non risolve ma aggrava il problema dell’indebitamento.

Lo so. E’ difficile per molti sfuggire alla logica lineare pedante che i tagli delle spese pubbliche sono necessari per abbassare il deficit. Ciò richiede “salti” laterali del pensiero, il riconoscimento che l’economia è dinamica e che la ratio del debito dipende tanto dal denominatore quanto dal numeratore. Tanto dal PIL quanto dal debito in sé.

Forse per alcune teste è impossibile disfarsi della convinzione che bisogna soffrire per redimersi, soprattutto se si tratta delle teste di gente che non soffre molto.


Cioè le politiche sadiche e controproducenti possono persino, con l’aiuto di mezzi come Rupert Murdoch o Pedro Jota Ramirez (1) , possono persino portare voti. Per questo dobbiamo insistere sul fatto che il pensiero indisciplinato dei difensori dell’austerità sia sottoposto al nuovo “consenso” di Washington (e Londra), cioè alla critica degli eccellenti economisti del FMI e del NIESR. Questi esperti sanno che abbiamo urgentemente bisogno di più crescita per evitare l’insolvenza e che l’unico modo per ottenerla è attraverso un ritmo molto più lento di consolidamento fiscale nella periferia della zona euro e attraverso un’espansione fiscale nel nucleo dell’euro come nel regno Unito. Questo e un insieme di misure di investimento pan-europee per rilanciare l’economia.


Nel caso ci siano ancora dubbi, ripeto la posizione del nuovo “consenso”: le misure economiche di “austerità si, crescita anche” (Mariano Rajoy (3) dixit) hanno causato un aumento catastrofico del debito pubblico che minaccia l’insolvenza dello Stato spagnolo. Senza crescita, nessuna operazione di appoggio di Mario Draghi, reale o virtuale, renderà sostenibile il debito spagnolo.

 

Portes ha sollecitato l’Unione Europea a cambiare strategia: “La BCE e la UE dovrebbero abbandonare la meta della riduzione immediata del deficit: bisogna mantenere le riforme strutturali e rallentare fortemente l’austerità, altrimenti vedremo un maggiore aumento del debito pubblico”. “Si è capita la lezione? Il FMI a Washington lo ha fatto. A Londra lo stanno facendo poco a poco. Ma in Europa credo di no”, dice Portes.

 

(*) Giornalista, laureato alla London School of of Economics in Scienze Economiche e Sociologia. E’ stato corrispondente all’estero per vari giornali, tra cui Business Week, The Guardian, The New Statesman. 

 

(1) Australiano, fondatore e proprietario di un vasto conglomerato economico specializzato nel settore dei mezzi di comunicazione di massa, tra le maggiori del campo a livello mondiale: la News Corporation.
(2) Giornalista, direttore del maggiore quotidiano spagnolo, El Mundo.

(3) Attuale premier spagnolo.

 

 

(traduzione di Daniela Trollio Centro di Iniziativa Proletaria “G. Tagarelli” Via Magenta 88 Sesto San Giovanni )

 

 













 

 

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