RACHEL CORRIE

Per colpa sua

di Daniela Trollio (*)

 

Rachel Corrie, studentessa di Olympia, stato di Washington, aveva 23 anni quando fu assassinata nel campo profughi di Rafah, in Palestina. Insieme ad altri manifestanti del Movimento di Solidarietà Internazionale cercava di opporsi alla demolizione di alcune case palestinesi : senza paura si era parata davanti ad un bulldozer israeliano il cui guidatore, con somma indifferenza , alzava la pala e la schiacciava, frenava e poi faceva marcia indietro, ripassando sul suo corpo. Poche ore dopo Rachel moriva all’ospedale Najjar per “schiacciamento del cranio e fratture toraciche”. Erano le ore 17.20 del 16 marzo 2003.

Non è quindi un anniversario – siamo nel mese di settembre di nove anni dopo – ma ci sono varie ragioni per ricordarla. Una è che viviamo assordati ogni giorno da notizie e notiziucole che ci vengono servite alla velocità della luce per non darci il tempo di riflettere davvero sul loro significato. Un’altra è che viviamo in un mondo in cui la violenza, la morte e la barbarie del sistema capitalistico sono così diffuse che pare che tutto ci scivoli addosso senza lasciare traccia.

Un’altra ancora è che Rachel – il 28 agosto 2012 – è morta un’altra volta, ma “per colpa sua”.

Così ha sentenziato, dopo 7 anni, il Tribunale Superiore israeliano di Haifa, a cui erano ricorsi i genitori di Rachel accusando lo Stato israeliano di aver ucciso la loro figlia, di non aver svolto un’indagine credibile e di aver protetto i responsabili. Nell’ordinanza pronunciata dal giudice Oded Gershon si legge: “Lo Stato non è responsabile di qualsiasi danno causato, visto che si è prodotto durante azioni belliche…. Si è trattato di uno sfortunato incidente. Corrie era sul luogo in forma illegale… Lei stessa si mise in situazione di pericolo e rimase in piedi davanti ad una grande escavatrice, dove il guidatore non poteva vederla. La sua morte è il risultato di un incidente che lei ha provocato contro se stessa”.

 

Non è la prima volta, e purtroppo non sarà l’ultima, in cui una vittima diventa un colpevole, si tratti di persone o di popoli. Ma non possiamo permettere che l’oblio cancelli la memoria se non vogliamo, in certa misura, renderci complici della barbarie. Se è vero che ci sono state proteste, scioperi e manifestazioni contro la guerra in Iraq, ce ne sono state molto meno contro la guerra in Afganistan e quasi nessuna contro quella della Libia. E davanti alla prossima – la Siria – staremo zitti un’altra volta?

Il giorno in cui Rachel morì, migliaia di palestinesi – che ogni giorno hanno i loro morti da piangere – scesero nelle strade di Gaza per protesta.

In occasione del pronunciamento del tribunale israeliano qualcuno ha voluto ricordare Rachel con un “poema anonimo” . Leggetelo fino in fondo.

 

Io ho ucciso Rachel Corrie (1)

 

Non ho mai sentito parlare di lei

ma ho pagato le mie tasse,

dunque ho ucciso Rachel Corrie.

Io ho costruito la scavatrice

e ho addestrato il guidatore

e ho dato l’ordine

che le togliessero la vita,

dunque ho ucciso Rachel Corrie.

Sono andato a vedere la mia squadra del cuore giocare una partita importante

e a bere poi qualche bicchiere con loro

invece di leggere quello che scriveva Rachel

e ascoltare quello che diceva,

dunque ho ucciso Rachel Corrie.

Vado in chiesa la domenica

e partecipo alle preghiere del venerdì

e rispetto il santo Shabbat

ma non devo disturbare la mia comunità

con domande dolorose,

dunque ho ucciso Rachel Corrie.

Assisto a gruppi di dialogo

e ascolto entrambe le parti

e do lo stesso peso alle loro argomentazioni

come i miei antenati

e i giapponesi e gli aynu

i romani e i galli

gli europei e i choctaw

i bianchi e i neri

il nazista e l’ebreo

l’israeliano e il palestinese,

dunque ho ucciso Rachel Corrie.

Scrivo lettere

ai giornali e ai funzionari eletti

e manifesto davanti alle loro sedi

e faccio donazioni alle organizzazioni per i diritti umani

e a quelli che mandano aiuti umanitari

e sono a favore della non violenza

e del boicottaggio, del disinvestimento e delle sanzioni,

dunque ho ucciso Rachel Corrie.

Viaggio a Gaza

nelle marce della libertà

e nelle carovane

e nelle flottiglie

e assisto a conferenze a Bil’in (2)

e volo a Tel Aviv

e manifesto a Gerusalemme

e sono stato colpito

e mi hanno sparato

e incarcerato

e espulso,

dunque ho ucciso Rachel Corrie.

Resisto con le armi

e lancio razzi Qassams

e attacco esplosivo al mio corpo

e lascio cadere bombe e napalm

e fosforo bianco e armi DIME (3)

e uccido tutti i nemici che posso

e li torturo e terrorizzo

le loro famiglie e i loro figli

perché sappiano che non saranno mai in salvo,

dunque ho ucciso Rachel Corrie.

 

Ho ucciso Rachel Corrie, perché non era abbastanza;

Ho ucciso Rachel Corrie perché non ho lasciato tutto né ho dedicato la mia vita per far finire tutto questo;

Ho ucciso Rachel Corrie perché non ho cambiato la base della realtà e, di fatto, vi ho partecipato;

Ho ucciso Rachel Corrie perché mi sono preoccupato troppo della mia carriera e

delle mie comodità e dei miei hobbies e dei miei obblighi e delle mie conferenze e

dei miei progetti e delle mie cause e delle mie campagne e delle mie coalizioni

e delle mie ideologie e delle mie lettere e dei miei articoli e della mia poesia;

Ho ucciso Rachel Corrie perché - per la verità - voglio ballare ancora con Pat Benatar (4)

e avere fidanzati e storie da raccontare ai miei colleghi di lavoro;

Ho ucciso Rachel Corrie perché avrei potuto essere uno dei milioni che decidono

di rinunciare a tutti e camminano al passo perché i nostri piedi facciano tremare il suolo e cambiare il corso dei fiumi e crollare le montagne e facciano tremare i potenti e piegarli davanti alle nostre voci quando diciamo “Al-Sha’ab yureed”, “Si, si può”, “Nunca màs” e non importa più se siamo giudei, mussulmani o cristiani, arabi, kurdi, armeni o ebrei immigranti o originari, uomini o donne, perché siamo uniti per farla finita con l’ingiustizia e per prevenire o fermare la pulizia etnica di un popolo perché questo paghi la pulizia etnica di un altro.

 

Ma io non sono uno di quei milioni uniti per la giustizia.

Dunque ho ucciso Rachel Corrie.

 

(1)da: rebelion.org; 5/9/2012

(2) Villaggio palestinese

(3) Dense Inert Metal Explosive – bombe ad “effetto mirato” usate dagli israeliani a Gaza durante l’operazione “Pioggia d’estate”

(4) cantante e cantautrice rock statunitense

 

(*) Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”

Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni

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