L'ASSASSINIO DI RACHEL CORRIE

Rachel Corrie, una spina di dignità contro l’arroganza israeliana

di Suhail Hani Daher Akel (*); da: surysur.net; 29.8.2012

 

L’assassinio della statunitense Rachel Corrie (23 anni) nel campo di rifugiati di Rafah – Gaza – ha causato, e continua a causare, indignazione e ripugnanza. Il 16 marzo 2003, durante una protesta contro la demolizione di case palestinesi da parte delle forze di occupazione israeliane nella Striscia di Gaza, Rachel – membro del Movimento di Solidarietà Internazionale (MSI)  – con coraggio si era interposta ad un bulldozer militare Caterpillar D9 che era in procinto di demolire la precaria abitazione del palestinese Dott. Samir Nasrallah, a Rafah. Il soldato israeliano che guidava, con la classica insensibilità dell’occupante, continuò sulla sua strada, alzò la pala e schiacciò Rachel, poi frenò, fece marcia indietro passando di nuovo sul corpo di Rachel davanti agli occhi attoniti degli altri attivisti stranieri del MSI, e finì di demolire la casa.

Rachel fu trasportata all’ospedale Najjar di Rafah alle ore 17 e alle 17.20 morì vittima delle ferite. Il medico palestinese Ali Musa precisò che “la sua morte è stata causata dallo schiacciamento del cranio e dalle fratture toraciche”. 

 

Migliaia di palestinesi scesero nelle strade di Gaza protestando contro il crimine sionista al grido di “Oggi alziamo la bandiera degli Stati Uniti per mostrare la nostra solidarietà con tutti gli statunitensi che amano la pace, come Rachel” e “Il primo ministro Ariel Sharon è un criminale di guerra”.

 

Pochi giorni prima Rachel aveva scritto a sua madre: “Quando sono con amici palestinei, tendo a sentirmi un po’ meno piena di orrore di quando agisco come osservatore dei diritti umani, informatrice o militante attivista. Loro rappresentano un buon esempio di come resistere per lungo tempo ... Credo che la parola sia dignità. Mi piacerebbe che tu conoscessi queste persone. Speriami che un giorno sia possibile”.

 

Paradossalmente, gli Stati Uniti non hanno protestato adeguatamente per la loro cittadina morta, Rachel, una studentessa dell’Università di Evergreen College nella sua città natale di Olympia, distretto di Washington, e sono stati pazienti a differenza delle maniere forti che avrebbero adottato nella stessa situazione con un governo arabo non servile ai loro interessi.

 

Con arroganza, naturalmente, l’esercito israeliano di occupazione protesse  l’autore del crimine e, disonorando Rachel, comunicò che “è morta accidentalmente mentre correva davanti alla escavatrice”. Il governo israeliano di Sharon accettò la dichiarazione, diventando in parte co-autore del crimine del suo esercito.

 

I genitori della martire hanno fatto causa davanti al Tribulae Superiore israeliano della città di Haifa (città palestinese occupata nel 1948) nel 2005, accusando Istraele di aver ucciso la loro figlia in modo intenzionale e illegale, di non aver fatto un’inchiesta completa, credibile e di aver protetto il responsabile. Chiedevano anche un risarcimento di 300.000 dollari, da donarsi ai campi dei rifugiati palestinesi di Rafah.

 

Dopo 7 anni di attesa , nel tribunale israeliano martedì 28 agosto 2012 il giudice Oded Gershon, con poca etica di giustizia, ha letto la decisione: “Lo Stato non è responsabile di qualsiasi danno causato, visto che che si è prodotto durante azioni belliche. E’ stato un deplorevole incidente”. Gershom ha aggiunto “Si è trattato di uno sfortunato incidente e non di un’azione intenzionale., Corrie era sul luogo in forma illegale ... Lei stessa si mise in situazione di pericolo e rimase in piedi davanti ad una grade escavatrice, in un luogo dove il suo guidatore non poteva vederla. La sua morte è il risultato di un incidente che lei ha provocato contro se stessa”. Dopo questa battuta, ha aggiunto: “Rifiuto la richiesta (dei genitori, n.d.t.). Non c’è ragione per esigere che lo Stato paghi i danni. I soldati avevano fatto il possibile per tenere la gente lontana dal luogo ma lei (Rachel) non ha voluto allontanarsi dalla zona, come qualsiasi persona sensata avrebbe fatto”.

Di fronte al verdetto ci sono state forti critiche dei suoi familiari e del MSI, sia per l’inchiesta militare originale che per quella attuale del Tribunale, per essere state entrambe superficiali e non credibili. Fuori dal tribunale, informalmente, il giudice ha ripetuto che “l’inchiesta era stata appropriata, e ne è risultata la non colpevolezza dell’esercito”. La portavoce della famiglia Corrie, Stacy Sullivan, ha affermato che la famiglia farà appello e ha espresso  delusione per la giustizia israeliana, nonostante “ce lo si aspettasse”.

 

Dal partito di estrema destra Israel Beitenu – membro della coalizione di governo del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu (responsabile di crimini di lesa umanità) e guidato dal fanatico cancelliere israeliano Avigdor Lieberman, soddisfatti, hanno commentato: ” Il verdetto è la rivendicazione dopo il vilipendio”, diffamando così lo spirito di dignità di Rachel e delle centinaia di attivisti stranieri solidali che espongono le loro vite in difesa di un popolo oppresso e occupato da più di 64 anni di fronte all’indifferenza internazionale  che fa solo discorsi verbosi e innocui.

 

La martire statunitense-palestinese Rachel Corrie continua ad esser la spina della dignità contro l’impunità e la superbia dell’occupazione palestinese.

 

(*) Primo ambasciatore di Stato della Palestina  e primo rappresentante dell’OLP in Argentina.

 

(traduzione di Daniela Trollio Centro di Iniziativa Proletaria “G. Tagarelli” Via Magenta 88 Sesto San Giovanni )

 

 

 

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