IRONICO MA NON TROPPO

Parole di Lutero contro l’usura

di Francisco Umpièrrez Sànchez ; da: rebelion.org; 29.7.2012

 

“Bisogna sapere che nella nostra epoca (di cui l’apostolo Paolo aveva predetto che sarebbe stata pericolosa) non solo l’avarizia e l’usura si estendono con forza per il mondo intero, ma – oltretutto – questi difetti osano trovare ogni tipo di pretesto per lasciare libere le redini alla loro malvagità, sotto il pretesto della legittimità”.

Sul commercio e l’usura. Del dottor Martin Lutero, agostiniano di Wittenberg (1518)

 

Nei discorsi politici del giorno d’oggi mi manca la radicalità e, anche, la violenza delle parole di Lutero.

Gli economisti riformisti sono critici, ma manca loro la durezza e la violenza che la situazione socio-economica richiede.

 

I gestori di fondi di investimento, i gestori del capitale monetario e gran parte dei loro proprietari rappresentano la malvagità. Sono il male.

Forse abbiamo bisogno di questa rappresentazione religiosa per misurare esattamente il danno che causano a interi popoli. Sono usurai. Ci stanno succhiando il sangue. Stanno seminando l’infelicità. Danneggiano imprese e famiglie. Minano lo Stato. Rubano il nostro lavoro, distruggono gli sforzi di molte generazioni, attaccano la nostra salute e la sopravvivenza dei nostri anziani.

Più difficoltà ha uno Stato a finanziarsi, più gli interessi sono alti. Pagare un interesse del 7% è già usura, ma pagare interessi del 25%, come fa lo Stato greco, non ha nome.

Non possono esistere pretesti per queste pratiche economiche. Sono difetti orrendi, non virtù. Non sono furbi, sono assassini economici. Generano disgrazie enormi a interi popoli. Dovrebbero essere sradicati dalla terra.

 

Lutero conobbe solo le forme antidiluviane del capitale: il capitale commerciale e il capitale produttore di interessi, o capitale usuraio. Quindi la sua critica è limitata perché limitato era lo sviluppo del capitalismo che egli visse. Però catturò l’essenza del capitale usuraio: rovinare uomini e donne. Appropriarsi non solo dei profitti, ma anche delle condizioni di lavoro. Distruggere le relazioni feudali e impoverire il contadino povero fino a trasformarlo nel proletariato.

Questo fa il capitale usuraio nell’attualità: gli alti interessi che lo Stato spagnolo paga per il suo debito sovrano si pagano proletarizzando i lavoratori, riducendo tanto il loro salario diretto quanto quello indiretto (il salario indiretto è quello che si ottiene attraverso le prestazioni sociali).

 

Ricordo quando Almunia (1) diceva che questa crisi era stata causata dalla cupidigia, da chi era legato al capitale monetario, al capitale di prestito, che non avevano limiti nell’arricchirsi all’inverosimile. Molti economisti riformisti erano d’accordo con questa analisi.

Ma non sono loro quelli che sono stati obbligati a pagar i piatti rotti della crisi. E le loro azioni continuano ad essere considerate legittime.

 

Ma dopo la cupidigia, dopo l’arricchimento senza fine di molti, è arrivata la crisi: la distruzione del capitale e del lavoro. Poi è arrivata la crisi fiscale dello Stato: avere più spese che entrate. Ed è giunto il sacrificio del popolo.

Questo è: è arrivato il capitale usuraio. E’ arrivato l’aumento degli interessi senza limite. E’ arrivato l’arricchimento dei padroni e dei gestori del capitale monetario.

E molti lo giustificano: i mercati ancora non si fidano e quindi esigono più garanzie, cioè più interessi.

 

Ma, come dice giudiziosamente Lutero, essi rappresentano il male e non ci dovrebbe essere pretesto che li scusi. Lo Stato dovrebbe stringergli la cinghia e, attraverso le tasse, ridurre quegli interessi a niente.

 

C’è crisi e bisogna fare sacrifici. Hanno sacrificato i salari. Sacrifichiamo anche le rendite del capitale: gli interessi e i dividendi.

Segniamo a dito tutti gli assassini economici. Facciamola finita con la loro legittimità. Non lasciamoli vivere tranquilli. Restituiamogli i danni che ci hanno inferto. Sono figli di Satana e spargono il male su tutta la terra.

Dovremmo quindi farli sparire dalla faccia della terra perché la pace ritorni tra noi.

 

 

(*) Saggista e umorista spagnolo.

(1) Politico spagnolo, ministro del governo socialdemocratico di Felipe Gonzales dal 1982 al 1991.

 

(traduzione di Daniela Trollio

Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”

Via magenta 88, Sesto S.Giovanni)

 

 

 

 

 

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