ILVA

ILVA di Taranto

La lotta per la salute è lotta contro il capitalismo e le sue istituzioni.

 

Unificare la lotta operaia e proletaria in fabbrica  e sul territorio contro il comune nemico.

 

                                    di Michele Michelino (*)

 

L’opposizione tra operai e ambientalisti all’ILVA di Taranto ha proposto all’attenzione un problema da sempre latente, che esplode periodicamente.

In questo stabilimento gli infortuni sul lavoro sono all’ordine del giorno, i morti sul lavoro e di lavoro a causa dell’amianto, della diossina e altre sostanze nocive sono tantissimi, non solo fra gli operai e i loro famigliari, ma anche fra la popolazione.

Davanti alle proteste della popolazione residente (proletari, piccoli borghesi, borghesi che subiscono i danni dell’inquinamento) padron Riva è sceso in campo mobilitando il comando di fabbrica, capi, tecnici, impiegati: con il ricatto e la paura ha indotto gli operai a protestare in difesa dello stabilimento così com’è, con uno sciopero “spontaneo”, e un corteo per far pressione sulla magistratura e sulle istituzioni della città.

Il padrone non solo vuole continuare a fare il massimo profitto risparmiando sulla sicurezza, ma pretende anche l’impunità!

Il giorno del processo (30 marzo 2012) a carico di cinque dirigenti dell’Ilva di Taranto accusati di disastro colposo e doloso, gli operai, gli impiegati e i tecnici sono scesi in piazza per tutelare i propri posti di lavoro davanti al municipio. Da una parte gli ambientalisti e i cittadini che protestavano contro l’inquinamento provocato dalla fabbrica, dall’altra il padrone (che difende la sua fonte di profitto) e gli operai che sentivano minacciato il posto di lavoro.

La popolazione della città da qualche tempo protesta contro l’inquinamento provocato dalla fabbrica e alcuni, arrivavano a chiederne la chiusura; i lavoratori, sobillati dal padrone, per la paura di perdere il salario difendono il posto di lavoro così com’è: con i suoi veleni per tutti e i profitti che intasca il padrone che in cambio da loro un misero salario.

 

La storia insegna che gli operai, senza una loro organizzazione di classe che difenda i loro interessi immediati e futuri, sono alla mercé del padrone: lavorano finché il loro lavoro valorizza il capitale e sono licenziati appena non servono più.

Il movimento operaio cosciente da sempre si batte contro lo sfruttamento, per abolire il sistema che ci vuole schiavi, per migliorare le condizioni di lavoro e di vita in fabbrica e nella società, tutelando la salute di chi ci lavora, dei loro famigliari e quella di chi vive vicino alla fabbrica.

 

Per anni gli operai coscienti sono rimasti soli a lottare contro il padrone, contro la nocività in fabbrica e le condizioni di lavoro spesso bestiali. Con scioperi e manifestazioni rivendicavano sicurezza sul lavoro e abolizione delle sostanze nocive, denunciando - di solito inascoltati e soli - che le sostanze inquinanti e cancerogene avrebbe ucciso prima gli operai ma poi, disperdendosi nell’aria, nelle falde acquifere, nel territorio, avrebbe avvelenato la popolazione. Cosa puntualmente verificatasi pochi anni dopo.

 

Com’era già successo a Porto Marghera negli anni ’70, operai - sfruttati e ricattati sul posto di lavoro dal padrone che minaccia la chiusura della fabbrica - e popolazione si trovano a volte su fronti contrapposti.

Negli anni ‘70 le lotte operaie misero all’ordine del giorno il problema della salute in fabbrica con l’entrata negli stabilimenti dei Servizi di Medicina Preventiva per gli Ambienti di Lavoro (SMAL), organismi dell’Unità Sanitaria Locale (USL).

Il titolo del “Libro Bianco” del Consiglio di Fabbrica della Breda Fucine di Sesto San Giovanni, pubblicato nel luglio 1971 da “ Il Lavoratore Metallurgico” (organo della FIOM) era: LA SALUTE NON SI PAGA, LA NOCIVITA’ SI ELIMINA.

 

Questi slogan si scontravano con il mercato, con la logica del profitto, che sono i fondamenti della società capitalista.

Ai proletari, nelle fabbriche e nel territorio (e a tutti i cittadini delle classi sottomesse, ovviamente), servirebbe una medicina preventiva che rimuovesse all’origine le cause delle malattie e intervenisse all’origine sull’inquinamento. Per difendersi bisogna intervenire sull’ambiente di lavoro e sulla società con una posizione anticapitalista, e questo è possibile imporlo solo con un’organizzazione indipendente che unifichi le lotte in fabbrica e nella società.

 

La medicina del padrone non va alla ricerca delle cause delle malattie per rimuoverle, perché questo significherebbe mettere in discussione il sistema capitalista dalle sue radici e, oltretutto, tagliar via un’enorme fetta di mercato – quello della salute, che fa dei nostri corpi merce anche fuori dai posti di lavoro. Si limita ad alleviare il dolore dei pazienti (quando ci riesce), con farmaci prodotti e raccomandati dalle multinazionali farmaceutiche che, a loro volta fanno ingenti profitti sulla pelle dei lavoratori e della popolazione.

 

Il lavoro di fabbrica - all’ILVA come in tutte le fabbriche - è lavoro salariato, sfruttato, pesante. Di conseguenza uomini e donne si logorano molto presto, e con l’aumento dell’età pensionabile a 66/70 anni, ben pochi arriveranno all’età pensionabile in discrete condizioni fisiche. Questo vale ancor di più per le donne.

 

La società capitalista e le moderne produzioni producono sempre più nuove malattie, frutto unicamente dalla ripugnante avidità della borghesia e dalla logica del massimo profitto! Donne rese incapaci di partorire, bambini malformati, uomini esauriti, intere generazioni rovinate, indebolite e malate, e tutto soltanto per riempire la borsa e le tasche della borghesia!

Le malattie genetiche, le deformazioni neonatali, che sono la conseguenza di un lavoro troppo nocivo e prolungato, oggi - nella crisi – aumentano.

 

Tuttavia se si vuole cambiare questa situazione che continua a provocare morti sul di lavoro e di lavoro, malattie professionali, nelle fabbriche, nei cantieri, nelle campagne e in tutti i luoghi di lavoro, bisogna riconoscere di far parte della stessa classe.

Chi rischia la pelle ogni giorno per un tozzo di pane, i milioni di proletari in fabbrica e nel territorio, non hanno nulla da guadagnare in un sistema capitalista che riproduce, costantemente, gli operai come schiavi salariati e i padroni come borghesi.

L’unita di classe fra i proletari che lottano in fabbrica e nel territorio, l’unione degli sfruttati, fa ritornare più che mai di attualità la famosa esortazione: "Proletari di tutti i paesi, unitevi!".

 

(*) Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio

 

Via Magenta 88 / 20099 Sesto S. Giovanni (Mi) /tel+fax 02.26224099c/o Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”   e-mail: cip.mi@tiscalinet.it      http://comitatodifesasalutessg.jimdo.com

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