MORIRE PER FAME E PER SETE.

Morire in Somalia

di Frida Modak (*); da: alainet.org, 14.9.2011

 

La Somalia è un piccolo pese dell’Africa, di 637 mila chilometri quadrati e con circa 10 milioni di abitanti. Per quanto si sa non possiede alcuna delle ricchezze bramate di questi tempi. Le sue esportazioni conosciute sono gli animali vivi, alcuni prodotti vegetali e il pesce, che vanno nei paesi europei e in alcuni africani.

La religione ufficiale è quella islamica, sunnita in maggioranza, e come molti altri paesi africani, ha vissuto periodi sotto il controllo delle nazioni europee e di altre della regione, fino a che – al termine della 2° guerra mondiale – iniziò ad avanzare verso la sua indipendenza.

Nel 1960 l’unione dei settori che erano stati sotto controllo britannico e italiano raggiunse l’indipendenza proclamando la repubblica di Somalia, e stabilirono un governo a carattere parlamentare che durò fino al 21 ottobre 1969. In questa data un settore di ufficiali diretti dal generale Siad Barre prese il potere, si dichiarò socialista e si avvicinò all’Unione Sovietica. Nel 1976 truppe somale invasero la regione dell’Ogaden col proposito, si disse, di appoggiare il Fronte di Liberazione della Somalia Occidentale.

L’Etiopia, appoggiata da Cuba e della maggior parte degli Stati africani, rifiutò l’invasione e Barre optò per la rottura delle relazioni con Cuba e l’annullamento dei patti militari sottoscritti coi sovietici.

Il costo della guerra con l’Etiopia, la salita dei prezzi del petrolio e di alcuni prodotti alimentari di base, oltre ad una siccità tra gli anni 1978 e 1979, portarono un gruppo di ufficiali a tentare un colpo di Stato, che fallì. Barre rimase al governo e nel 1986 fu rieletto con il 99%.

Nel 1991 l’opposizione creò il Congresso Somalo Unito, rovesciò Barre e da allora la Somalia non ha più avuto un governo stabile. Per anni è stata sottomessa agli scontri tra i cosiddetti “signori della guerra”, che sono costati al paese molte vite e ancora non ha raggiunto né l’unità né la stabilità.

 

Il dramma umano

La mancanza di un governo centrale che raccolga tutto il paese e non solo alcune regioni ha aggravato la situazione che si vive in Somalia in conseguenza di questa nuova stagione di siccità e colpisce vari milioni di persone.

L’Organizzazione delle nazioni Uniti per l’Alimentazione e l’Agricoltura, la FAO, stima che a fine di quest’anno il totale delle persone che avrà bisogno di aiuti sarà di 3 milioni e mezzo, cifra che rappresenta l’80% della popolazione. Nonostante che la FAO gestisca vari progetti in questo paese, la situazione si fa più grave ogni giorno.

I somali cercano aiuto dirigendosi sia verso la capitale, Mogadiscio, che verso altre zone del paese e dei paesi confinanti, ma il problema è esteso a tutta la regione conosciuta come Corno d’Africa e si stima che per lo meno 12.400.000 persone potrebbero morire di fame.

Non abbiamo mai visto una crisi umanitaria così grande in tutta una generazione” ha detto un funzionario del Dipartimento di Stato statunitense, e un rappresentante dell’Oxfam l’ha definita”una situazione senza eguali”.

Il paese di questa regione più colpito è la Somalia e si ritiene che la situazione peggiorerà quando arriveranno i mesi del periodo di siccità, ha avvertito l’Ufficio di Coordinamento degli Affari Umanitari dell’ONU. A questo si aggiunge che gli aiuti internazionali sono stati lenti.

 

Il quadro è desolante. Intere famiglie vanno in cerca di un sollievo che non trovano. La situazione dei bambini è la più scioccante, come possiamo vedere sia attraverso i mezzi di comunicazione che attraverso la televisione.

Donne che cercano aiuto con tutti i loro figli e, a metà strada, uno o più hanno perso talmente le forze che non possono continuare ed esse si trovano nella condizione di rimanere nel luogo dove sono arrivate, anche se lì non c’è niente, o lasciare là quelli dei loro figli che non possono più camminare e salvare gli altri.

 

La drammatica scelta va fatta ogni giorno e non solo tra le donne, anche alcuni uomini hanno dovuto prendere questa terribile decisioni che toglie loro la pace e solo uno di loro è riuscito a sapere che suo figlio aveva potuto tornare dalla madre perché qualcuno l’aveva raccolto.

L’agenzia Associated Press cita psicologi e psichiatri che hanno studiato questa situazione traumatica, mentre coloro che hanno dovuto prendere una decisione come questa dicono, ad esempio,: “Mi sveglio di notte e penso a lui, sono terrorizzata quando vedo un bambino della sua età”.

Un medico esperto di salute mentale ha segnalato che questa “E’ una reazione normale ad una situazione anormale. Non possono sedersi ad aspettare la morte insieme. Ma dopo un mese soffriranno di stress post-traumatico, il che significa che avranno ricordi e incubi”. Il medico aggiunge, secondo l’agenzia, che “l’immagine dei bambini che hanno abbandonato non li abbandonerà e li ossessionerà. Oltre che dormire male avranno problemi sociali”. Negli Stati Uniti si stima che siano morti negli ultimi tre mesi 29 mila bambini minori di 5 anni.

In questo momento, secondo l’Unità di Analisi dell’ONU per la Sicurezza Alimentare e la Nutrizione, ci sono 750 mila somali a rischio di morte nei prossimi quattro mesi e 4 milioni di persone che si trovano in condizioni critiche. 

Nel frattempo funzionari del’Ufficio di Coordinamento degli Affari Umanitari delle Nazioni Unite segnalano che nel Corno d’Africa ci sono più di 10 milioni di persone colpite dalla siccità, che ormai dura da alcuni anni e che è la più grave degli ultimi 60 anni. 

 

E gli aiuti?

Le critiche all’ampliamento degli aiuti a chi è colpito da questa terribile situazione si fanno sentire in vari ambiti e alle ragioni politiche se ne aggiungono altre. 

Varie informazioni segnalato che gli aiuti arrivano, ma la mancanza di controlli unita alla corruzione colpisce la distribuzione degli alimenti e per questo si chiede che si crei una istanza di controllo e che si dia seguito alle denunce.

D’altro canto ci sono critiche agli aiuti degli altri paesi africani, in particolare verso la Nigeria e il Sudafrica, che hanno una situazione economica che le definisce come potenze, segnalano agenzie informative internazionali. 

E la critica è giustificata perché nella conferenza dell’Unione Africana convocata per trattare questi problemi, sono stati raccolti 351 squallidissimi milioni di dollari, 300 dei quali forniti dalla Banca Africana per lo Sviluppo, che dovranno essere spesi in 4 anni. Il necessario per far fronte a questa situazione sono 1.400 milioni di dollari, non per risolvere il problema ma per far fronte all’emergenza in cui si trovano Somalia, Kenia, Djibuti e Etiopia. Secondo i dati, i prossimi due mesi saranno decisivi per evitare la morte di più di 12 milioni di persone e la situazione più grave è quella della Somalia.

 

(*) Giornalista cilena. E’ stata l’addetta stampa del Presidente Salvador Allende.

 

(traduzione di Daniela Trollio Centro di Iniziativa Proletaria “G. Tagarelli” Via Magenta 88 Sesto S.Giovanni MI)

 

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