CONGRESSO DEL PARTITO COMUNISTA CUBANO. COSA CAMBIA A CUBA?

Una premessa

di Daniela Trollio (*)

 

"Uno dei nostri più grandi errori all’inizio, e molte volte nel corso della Rivoluzione, è stato di credere che qualcuno sapesse come si costruiva il socialismo

Fidel Castro Ruz, 17 novembre 2005

Cuba resiste all’imperialismo da 50 anni e da 50 anni cerca di difendere – sola, accerchiata e sottoposta al bloqueo - il socialismo che è riuscita a costruire. Qualunque giudizio si possa dare sulle misure che prende, si deve partire dalla consapevolezza di questo e dal profondo rispetto che si deve alla Rivoluzione Cubana e al suo popolo, soprattutto da parte di chi, in 50 anni, non è riuscito – per questioni storiche, oggettive, soggettive … ecc. ecc. – a fare altrettanto.

 

Il VI° congresso del Partito Comunista di Cuba, centrato sulla discussione dei Lineamenti di Politica Economica, ha dato la stura – come al solito – ad una serie di “speranze” (da destra) e di critiche (da sinistra): finalmente torna il capitalismo a Cuba, per gli uni; purtroppo torna il capitalismo a Cuba, per gli altri. Curiosa coincidenza di vedute.

Il primo elemento da prendere in esame è qualcosa che noi tutti sappiamo ma che troppo spesso sottostimiamo o dimentichiamo: l’idea che le questioni economiche, lungi dall’essere governate dalla “ferrea legge del mercato”, sacra e inviolabile per “ragioni oggettive” nel mondo capitalista, possano diventare invece oggetto di decisioni politiche, cioè della volontà e dell’agire cosciente degli uomini, e in quanto tali possano essere discusse dai diretti interessati, cioè da tutti i cittadini cubani.

Nei paesi capitalisti è semplicemente assurdo pensare che un governo (che oggi a Cuba coincide, per le ragioni spiegate nel discorso di Raul, con il Partito) possa organizzare un dibattito tra la popolazione sul taglio delle pensioni, sulle riforme del lavoro né, tantomeno, sul finanziamento pubblico per salvare le banche dalla crisi.

La discussione sui Lineamenti ricorda invece al mondo che le “leggi naturali” a cui l’economia non può far altro che obbedire – con tutte le sue tragiche e sanguinose conseguenze per i popoli, e ormai forse per la stessa specie umana nel suo complesso – in realtà sono una colossale menzogna che copre i “sacri” interessi del capitale.

 

Altro elemento: nel Rapporto centrale al Congresso fatto da Raùl Castro si concede ben poco alle condizioni “oggettive”. L’analisi della necessità di adeguare il modello economico cubano alla realtà non si basa sulle difficoltà esterne – il blocco, lo strangolamento economico, la guerra strisciante e spietata degli Stati Uniti (tutte le scuse, secondo alcuni, dietro cui i dirigenti della Rivoluzione nasconderebbero l’incapacità della Rivoluzione stessa a garantire una vita decente al popolo cubano) – ma sulle contraddizioni e le storture interne, del resto già segnalate da Fidel Castro nel suo discorso all’Università dell’Avana nel novembre 2005.

Neanche questo è un fatto nuovo. Tutti ricorderanno il dibattito che si sviluppò nell’isola sulla svolta da dare all’economia negli anni ’60, dibattito il cui protagonista principale – non solo nella discussione ma nell’azione pratica come ministro - fu il Che Guevara e che è stato spesso banalizzato nell’alternativa tra “incentivi materiali” e “morali”.

Il dibattito di allora, come quello di oggi sui Lineamenti, fu pubblico e aperto, senza “scomuniche” di alcun genere ma con la tensione di fondo – da entrambe le parti - di chi stava operando in una realtà che, per fattori esterni ed interni, cambiava ogni giorno e presentava nuove sfide, sfide non solo ideologiche ma reali, di carne e sangue, per proseguire nella difficile strada della costruzione del socialismo in un paese come Cuba, che non rispondeva ai “canoni classici” del marxismo.

Siamo realisti, vogliamo l’impossibile”: l’Uomo Nuovo pensato dal Che altro non è altro, secondo noi, che l’azione cosciente dell’avanguardia, ruolo fondamentale che nel Rapporto viene rivendicato per tutti gli appartenenti al Partito in quanto tali.

Altro che “via cinese” o apertura al capitalismo …..!

Anche oggi il Congresso – e tutto il popolo cubano - viene chiamato a riflettere, analizzare e cambiare quello che è diventato, nel corso degli anni e sulla scia della necessità, il ruolo del Partito comunista e dei suoi membri, il ruolo dell’avanguardia, il ruolo della coscienza nella trasformazione della realtà. Qualcuno pensa forse che esistano misure economiche che possano, - di per sé, automaticamente - superare il capitalismo? Se sì, ripensi all’esperienza delle democrazie socialiste dell’Est Europa (e non solo) e ne faccia un bilancio.

 

La democrazia – o meglio, la sua mancanza - è un altro cavallo di battaglia di chi vuole male alla Rivoluzione cubana.

Tutti i cubani sono stati invitati NON ad approvare, ma a conoscere, discutere, criticare i Lineamenti. Nella relazione di Raùl Castro vengono forniti i dati della consultazione e i suoi risultati, che parlano da soli. Cuba oggi ci dà un esempio di democrazia effettiva, mentre in tutto il mondo cresce il rifiuto della pseudo-democrazia del capitale (Plaza del Sol di Madrid,come ultimo esempio nel tempo) .

 

Giudicare - spesso senza conoscerle, “contrarie al socialismo” le misure proposte con i Lineamenti, di cui peraltro si rivendica da parte del Partito Comunista cubano la necessità vitale di bilanci nel tempo per verificarne i risultati - presuppone che esista un solo modello di socialismo, buono per tutti i tempi e tutti i paesi, che basti replicare una ricetta già sperimentata.

 

Nella società cubana, così come in ogni altra società che si è definita socialista in altri periodi storici, continuano certamente ad esistere elementi di capitalismo (le merci, il mercato, il lavoro salariato, lo Stato, ecc.).

Ma cos’è il socialismo - cioè il processo di transizione al comunismo - se non la lotta di classe contro questi elementi, i grandi mezzi di dominazione del capitalismo? “Il socialismo è un fatto di coscienza” scriveva il Che; le forme che si scelgono vanno valutate – secondo noi - in questo senso: rafforzano o no la coscienza, non solo dell’avanguardia ma delle masse, rispetto alla lotta necessaria per abolire questi elementi?

Chiedere a Cuba misure “comuniste”, indipendentemente dallo sviluppo delle società e della produzione nel resto del pianeta è assurdo. La Rivoluzione cubana, intanto, ha saputo mantenere e sviluppare la possibilità di un comunismo “impossibile”, e questo chiama in causa la responsabilità, il ruolo e la capacità di incidere sulla realtà dei rivoluzionari di tutto il mondo.

 

Certo che oggi, nella società cubana, esistono contraddizioni di ogni genere, del resto sempre riconosciute dai rivoluzionari stessi, oltre che definite con spietata chiarezza nel Rapporto di Raùl Castro..

La scarsezza materiale di beni (al di là degli effetti di quel continuo, ormai cinquantennale, atto di guerra che è il bloqueo), la necessità di una vita materiale accettabile per l’insieme della popolazione, la possibilità di dare uno sbocco ad una popolazione in maggioranza giovane e con un alto livello culturale, il protagonismo effettivo del popolo rivoluzionario, in altre parole lo sviluppo dell’iniziativa economica e politica: queste sono le sfide che affronta oggi la Rivoluzione cubana e il dibattito sui Lineamenti a noi sembra un primo, importantissimo passo in questa direzione.

Ci fermiamo qui nella nostra premessa ed invitiamo tutti i compagni a leggere il “Rapporto centrale al VI° Congresso”, che pubblichiamo integralmente perchè ognuno possa farsi un’idea e trarne le debite conseguenze.

 

(*) Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”

     Via Magenta 88 – Sesto S.Giovanni, MI

 

Rapporto centrale al VI Congresso del P
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