COSA SUCCEDE IN LIBIA?

Tribolazioni libiche

di Juan Gelman (*), da: Pagina12.com.ar, 3.4.2011

 

L’opposizione a Gheddafi sta passando un brutto momento nonostante i bombardamenti. Da parte loro, la Casa Bianca e la NATO hanno le loro preoccupazioni: si è scoperto che tra le file dei ribelli vi sono elementi di Al- Qaeda. Lo ha ammesso l’ammiraglio James Stavridis, capo delle operazioni congiunte in Libia, anche se ha aggiunto che “la conduzione è fatta da gente responsabile” (//washingtonexaminer.com, 29.2.2011).

 

Si riferiva, senza dubbio, al primo ministro del Consiglio Libico di Transizione, Mahmoud Jibril, ex mano destra del dittatore ed ex direttore della Giunta Nazionale di Sviluppo Economico dal 2007, che diede impulso agli investimenti stranieri – in particolare di capitali statunitensi e britannici – e alle privatizzazioni nel paese africano. Sembra che questi abbia scoperto che Gheddafi era un tiranno della peggior specie solo qualche settimana fa.

Jibril, laureato all’Università di Pittsburgh, risulta quindi molto affidale per gli interessi petroliferi stranieri. Non è l’unico: Ali Tahroumi, ministro delle Finanze del governo provvisorio e incaricato degli affari relativi all’oro nero, è tornato, dopo 35 anni di esilio, da un mese in Libia, proveniente dagli USA dove occupava una cattedra all’Università di Washington.

C’è gente più responsabile.

Galifa Hifter, ex colonnello dell’esercito, è stato designato capo militare dei ribelli. E’ tornato dagli USA, dopo 25 anni di assenza; guida il cosiddetto Esercito Libico Nazionale, un gruppo di opposizione con sede in Virginia, e si sospetta sia un “agente in sonno” della CIA (www.mcclatchydc.com, 26.3.2011).

I tre rappresentano solo alcuni pezzi dell’opposizione, un mosaico variopinto che non ha molto a che vedere con le centinaia di migliaia di libici che cominciarono a scendere in piazza a metà febbraio, ormai stanchi del despota.

E’ passato inavvertito il fatto che il Dipartimento di Stato inviasse a Bengasi Chris Stevens, ex n. 2 dell’ambasciata statunitense a Tripoli, per “lavorare con gli oppositori, farsi un’idea più chiara delle loro necessità, valutare come possiamo aiutarli e completare l’immagine che abbiamo di loro, per riempire così le lacune di ciò che sappiamo su di loro” (EFE, 30.3.2011). In realtà, le lacune sono poche.

 

Il gruppo principale che dirige l’insurrezione è la Conferenza Nazionale dell’Opposizione Libica (NFSL la sigla in inglese). Guida la lotta ed è una milizia armata sponsorizzata dagli USA, che riunisce soprattutto espatriati e tribù oppositrici di Gheddafi” (www.axisoflogic.com, 17.3.2011). Altro nemico del dittatore: il Gruppo Combattente Libico-Islamico (LIFG la sua sigla in inglese), fondato nel 1995 dai mujaidin che avevano combattuto contro l’ex URSS in Afganistan; da allora si dedica a rovesciare Gheddafi, ma alcuni di loro si sono uniti ad Al-Qaeda “per lanciare la Jihad contro gli interessi libici e occidentali in tutto il mondo”. Nel febbraio 2004, l’allora direttore della CIA George Tenet testimoniò davanti al Comitato di Intelligence del Senato e segnalò che “una delle minacce più immediata (alla sicurezza degli USA) proviene da piccoli gruppi internazionali di estremisti sunniti legati ad Al-Qaeda. Il LIFG è compreso fra questi” (www.cdi.otg. 18.5.2005).

Il LIFG merita sicuramente attenzione. Combatte Gheddafi perché lo considera il capofila di “un regime apostata che ha bestemmiato contro il Signore Onnipotente”. La loro azione più nota è stata il tentativo, fallito, di assassinarlo nel febbraio 1996, in cui morirono persone di ambo i lati.

Non si è potuto confermare che il MI15 avesse finanziato l’attacco, come aveva denunciato David Shayler, ex agente di questo servizio di intelligence britannico: invece uno studio pubblicato sul Terrorism Monitor della Fondazione Jamestown rivela che “il LIFG ha ricevuto fino a 50.000 dollari dal terrorista saudita (Bin Laden) per ognuno dei suoi militanti caduti” (www.jamestown.org, 5.5.2005).

Il presidente del Chad, Idriss Deby Itno “ha svelato che Al-Qaeda ha saccheggiato arsenali militari e comprato armi nella zona libica ribelle, compresi missili terra-aria, che poi ha contrabbandato nei sui santuari” (www.dailytelegraph.com, 25.3.2011).

Risulta quindi che USA, Gran Bretagna e Francia sono ora compagni d’arme del LIFG, “l’elemento più radicale della rete di Al-Qaeda. La segretaria di stato Hillary Clinton ha ammesso i rischi di questa alleanza non santa in un’interrogazione parlamentare: ha sottolineato che l’opposizione libica è probabilmente più antistatunitense di Gheddafi” (//newamericamedia.org, 20.3.2011).

 

E allora?

 

Forse, inavvertitamente, lo ha spiegato Denis McDonough, vicedirettore della Sicurezza Nazionale del presidente Obama: in una conferenza stampa fatta lunedì scorso, ha dichiarato che “la Casa Bianca non prende decisioni su problemi come un intervento basate sui precedenti. Le prendiamo in base a come possiamo meglio promuovere i nostri interessi nella regione” (www.whitehouse.gov, 28.3.2011).

Questo significa che i bombardamenti alleati sono iniziati solo quando i ribelli erano arrivati a controllare vasti territori della Libia e ad occupare città e porti petroliferi chiave, e si apprestavano ad impadronirsi della conca del Buraiqa (Brega), piena di oro nero? Anche se Al-Qaeda era coinvolta nel fronte oppositore?

E cosa faranno la Casa Bianca e la NATO se, come sembra possibile, il dittatore schiaccia la ribellione? Negoziare? Lasciare Gheddafi al suo posto?

 

(*) Poeta e scrittore argentino.

 

(traduzione di Daniela Trollio)

Centro di Iniziativa proletaria “G.Tagarelli”

Via Magenta (Sesto S.Giovanni)

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