Bugie e disinformazione

da il fatto di oggi ......

 

Da Tobruk indietro fino a Timisoara

L’audience dei “genocidi” e le notizie sotto controllo

di Maurizio Chierici

L a prima domanda: come hanno fatto a contare “10 mila morti”?. Secondo dubbio: davvero Gheddafi ha bombardato Bengasi, Tobruk e M i s urata?

Voci che rimbalzano altre voci e le parole si allargano nella definizione che sconvolge: genocidio. Mai un dittatore alle corde aveva liberato la follia distruggendo città, famiglie, scuole, ospedali per fermare la rivolta di chi non sopporta di respirare senza pensare. Indignazione lenta dei paesi civili, ma ormai non possiamo girare la testa.

Condanne e progetti di invasioni umanitarie. L’allarme che commuove il mondo parte da New York. Ibrahim Dabbashi, vice ambasciatore di Gheddafi all’Onu, funzionario dalla vita agiata, capisce che la tragedia sta per rubargli abitudini alle quali non vuol rinunciare ed esercita un talento non insolito attorno al Mediterraneo: cambia bandiera e passa al “nemico” di ieri; il “mio popolo” di oggi. Non con le parole sfumate del diplomatico: batte il pugno e inventa i morti, tanto per far capire che l’ha sempre pensata così. La prima contabilità dell’orrore esce dal Palazzo di Vetro sulle onde di Al Jazeera, Cnn araba: 51% di ascolto nel mondo islamico, creatura dell’emiro Hamad bin Khalifa Al Thani che ha l’ambizione di trasformare il Qatar nel “centro culturale” del pulviscolo di emirati. La sua tv ne è il fiore all’occhiello. Giornalisti liberi di assecondare una politica pro americana, pro israeliana, pro iraniana, soprattutto stampella dei valzer dell’emiro ma con l’obbligo dello scoop per sbaragliare la concorrenza: 51% di audience da Londra all’Indonesia. Briciole alla pattuglia delle altre tv guidate da Al Arabia, emirato Dubai: appena il 5%. E Al Arabia prova a rimediare al buco aggiungendo morti ai morti. Chi ascolta immagina la Libia nei cimiteri delle fosse comuni, paese ospedale per “migliaia” di feriti dispersi in un immenso lazzaretto . Finalmente i primi giornalisti cominciano ad arrivare. Scoprono che gli aerei hanno bombardato depositi di armi e caserme, mai le case. Filmano fosse comuni nella sabbia di un cimiero per poveri, eppure ogni corpo é ripiegato senza fretta in una tomba come vuole la devozione. È solo un vecchio camposanto, tanto per far teatro: la rivolta non c’entra. Immagini che arrivavano con la violenza di un ultimatum: ecco cosa fa Gheddafi.

Immagini trapiantate in Libia ma un po’ girate nello Yemen e in Bahreim, solo imbrogli tv o altri misteri? Come sono lontani gli scavi di Sebrenica , massacri ex Jugoslavia, cave con ragazzi ammucchiati come legna da bruciare: 8372 bosniaci mussulmani assassinati dai serbi cristiani del generale Mladic. Anche allora giravamo la testa. Il sospiro di Livio Caputo, sottosegretario agli esteri di Berlusconi. Ricorda un altro sterminio organizzato dai cattolici croati: “Pulizie etniche orribili eppure tragicamente funzionali alla futura stabilità”. La scoperta di una realtà diversa da quella gonfiata non cambia la tragedia della Libia e la ripugnanza per l’arroganza criminale di Gheddafi. Resta la domanda: quali interessi per imbrogliare? Giochi della disinformazione negli anni dell’i n fo r m a z i o n e lampo. Forse il petrolio, forse il controllo di una regione che prova a ridisegnare il futuro, quindi oscillante e pericolosa. Torna la parola “stabilità” e l’inquietudine continua. Bisogna dire che la storia raccoglie messe in scena altrettanto fragili nella fine violenta delle dittature. Quando le piazze romene lapidano Ceausescu (1989), per rappresentarne teatralmente la crudeltà i giornalisti sfilano nella morgue di Timisoara, città martire, mille morti voluti dal dittatore nell’illusione di fermare la rivolta. Poi si scopre che le vittime non arrivano a 30 e che per la sadica messa in scena della montagna dei cadaveri, si erano vuotate le tombe. Tornando alla Libia: migliaia di corpi sciolti fra le macerie è stato l’incubo dei testimoni di altre tragedie. Nell’a ssedio della Beirut 1982 i cronisti ricordano la nebbia marcia che soffocava la città. 55 giorni, tre bombardamenti al giorno, corpi e immondizie cuociono al sole dell’estate libanese: 2 mila 500 vittime in due mesi più la notte degli sciacalli maroniti a Sabra e Chatila. Tra un’incursione e l’altra sepolture frettolose. E ricominciava l’inferno . Possibile che in sei giorni Libia sia disfatta così? Fumo per qualche scoppio, nessuna nebbia avvelenata.

Finalmente l’i n fo r m azione ha raggiunto la realtà, capiremo quali interessi gonfiano i delitti di Gheddafi

 

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