VENEZUELA

 

Lo sciopero che non c’è stato

 

di Guillermo Cieza (*)

 

L’opposizione venezuelana ha convocato per il 28 ottobre uno sciopero generale che è finito in un completo fallimento.

 

I trasporti non si sono fermati, PDVSA (l’industria nazionalizzata del petrolio, n.d.t.), le imprese strategiche, le banche, la scuola pubblica, il commercio, l’industria non si sono fermati.

 

Allo sciopero hanno aderito la scuola privata, alcune università e negozi ubicati nei luoghi più chic di Caracas e di altre città.

 

Nelle piazze non c’è stata una presenza dell’opposizione mobilitata e invece si è verificata una enorme mobilitazione per commemorare l’anniversario di Simòn Rodrìguez dei lavoratori della scuola , che hanno espresso così  il loro appoggio alla rivoluzione bolivariana. 

 

Una volta di più la lotta di classe ha messo in luce la fragilità del progetto dell’opposizione, che ha confuso il suo ‘microclima’ con quanto succede effettivamente in Venezuela. L’opposizione aveva cominciato a perdere la battaglia politica quando, dall’Assemblea nazionale, si era scagliata contro gli altri poteri dello Stato e in particolare contro il generale Padrino Lòpez, che esprime con rappresentatività e consenso la posizione delle forze armate.

 

In evidente svantaggio nella battaglia interna allo Stato e con una costituzione nazionale che non da spiragli per fare un colpo di stato parlamentare, e a fronde dell’evidente perdita della piazza a favore del chavismo, i rappresentanti della destra non hanno avuto una idea migliore che mettere la loro decisione politica alla prova di massa, quale è di solito uno sciopero nazionale.

 

 

 

I risultati si sono visti e la sensazione che si percepisce dai commenti nelle strade di chavisti e oppositori è che questa battaglia è definita. Anche uno sciopero nazionale ha un senso plebiscitario, e ci sono vincitori e perdenti.

 

E i perdenti dovranno manovrare con grande abilità per non perdere altro. Come sempre succede, le vittorie e le sconfitte hanno conseguenze tra coloro che sono stati protagonisti della disputa.

 

In seno la chavismo si consolida la guida del presidente Maduro, che nella crisi ha dimostrato coraggio, capacità di condurre la lotta e una visione ampia dei fattori in gioco.

 

Nell’opposizione si aggraverà la resa dei conti tra coloro che in un anno hanno dilapidato il trionfo elettorale del 6 dicembre, che non hanno saputo approfittare del peggior momento della crisi economica e della possibilità di occupare l’Assemblea Nazionale.

 

 

 

Senza opzioni politiche in vista, all’opposizione resta solo la strada di promuovere la violenza fratricida per giustificare un  eventuale intervento straniero. Ma questa opzione ha il rifiuto di più dell’80% del paese.

 

Nelle strade del Venezuela si grida “non siamo il Brasile, il Paraguay o l’Argentina”. “Qui non passeranno”.

 

Da pensarci sopra. Vedremo se lo faranno.

 

 

 

(*) Giornalista e  scrittore argentino, militante politico; da: lahaine.org; 29.10.2016 .

 

 

 

(traduzione di Daniela Trollio Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli” Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni)

 

 

 

 

 

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