SANKARA

Ricordi di ottobre 2. (1987)

 

28° anniversario dell’assassinio del leader africano

Sankara, il debito e la fine del terzo mondo

di Huàscar Sologuren (*)

 

Con il lacerante grido di “libertà o morte” nacque il Terzo Mondo. In un’insolita isola dei Caraibi, gli schiavi neri di Santo Domingo, guidati da Toussaint Louverture e Dessalines, iniziarono una rivoluzione  a ferro e fuoco che culminò nel 1804 con l’abolizione della schiavitù nelle colonie francesi, la proclamazione della prima nazione ex coloniale del sud del pianeta nella repubblica di Haiti e il consolidamento del significato di “negritudine” come sentimento condiviso dai popoli oppressi del mondo.

Così i “giacobini neri” iniziarono una tendenza che si sarebbe estesa nei  Caraibi e in America Latina.

I movimenti di liberazione nazionale che si opponevano alla logica del sistema coloniale della modernità avrebbero avuto un profondo impatto sulla concezione della libertà umana e della democrazia.

Il Terzo Mondo come progetto politico

 

Nonostante le nazioni liberate dal ferreo dominio coloniale si spargessero nel mondo nel corso del secolo XIX e della prima metà del XX, fu solo nel 1952 che il sociologo francese Alfred Sauvy gli diede il loro celebre nome. Nel suo articolo “Tre mondi, un pianeta” (1). Sauvy sottolineava, dato il processo di decolonizzazione dei paesi africani e del sud-est asiatico, la nuova presenza di nazioni “sottosviluppate”, “sfruttate” e al margine del nuovo ordine internazionale retto tra la polarità delle potenze capitaliste e comuniste, cioè tra il primo ed il secondo mondo. L’utilizzazione da parte del sociologo francese di ‘Terzo Mondo’ non era fortuita, visto che egli volle fare un opportuno parallelismo con il contesto della Rivoluzione Francese, dove una grande massa, il Terzo Stato, si opponeva ad un minoritario potere omnicomprensivo, il Primo Stato.

Nel nuovo contesto delle relazioni internazionali della metà del secolo XX, un Terzo Mondo opposto ad un Primo Mondo.

Queste nuove “nazioni oscure”, come le chiama il professor Vijay Prashad, sembravano essere condannate ai margini della storia, ma la ferrea volontà dei suoi abitatori conseguì il riconoscimento all’interno dell’ONU con la storica risoluzione dell’Assemblea Generale 1514 (XIV) del 1960 (2) intensamente anticolonialista, che iniziava un processo di de-colonizzazione ampio e che dichiarava “che tutti i popoli hanno diritto alla libera determinazione, a determinare liberamente la loro condizione politica e perseguire liberamente il loro sviluppo economico, sociale e culturale”.

Da quel momento “il Terzo Mondo non fu un luogo. Fu un progetto” (3).

Le nazioni liberate di Africa, Asia e America Latina avrebbero cominciato una lotta comune, che avrebbero canalizzato attraverso organizzazioni come il G77, la UNTA, la CEPAL e, soprattutto, attraverso il Movimento dei Paesi Non Allineati (NOAL). I loro leaders: Nehru (India), Nasser (Egitto), Tito (Yugoslavia), Sukarno (Indonesia), Nkrumah (Ghana) e Castro (Cuba).

Dagli anni ’60 agli ’80  avrebbero costruito conferenze a Bandung, Il Cairo, Buenos Aires, Belgrado o L’Avana. I loro obiettivi: il riconoscimento dei Diritti Umani per tutti i popoli del mondo, la lotta contro la disuguaglianza e l’oppressione tra paesi ricchi e poveri, il riconoscimento di uguale dignità tra tutti gli umani e la necessaria soddisfazione delle necessità di base per la vita: Terra, pace e libertà.

 

Sembrerebbe che le “nazioni oscure”, nel corso degli anni Sessanta, fossero coscienti di se stesse e utilizzassero detta coscienza per iniziare le loro lotte nei fori internazionali. Espresso in termini hegeliani, il Terzo Mondo passò dall’essere coscienza in sé a essere una coscienza per sé.

Gli anni ’60 e ’70 furono due decenni di grandi speranze e vittorie, i nuovi popoli rivendicavano il loro riconoscimento all’interno del mondo e votavano sistematicamente uniti nell’Assemblea Generale dell’ONU a favore di risoluzioni  che guidassero i loro popoli alla dignità.

Nel 1979, 95 paesi erano membri del NOAL e, dopo la sua sesta conferenza all’Avana, Fidel Castro - quale rappresentante del NOAL- pronunciò uno storico discorso nel foro dell’assemblea generale (4). Il messaggio era chiaro, le nazioni povere del mondo non potevano continuare a tollerare “un ordine economico internazionale speculativo che nessuno capisce”, che “l’interscambio diseguale rovina i nostri popoli, e deve cessare” e che “il debito dei paesi poveri è insopportabile e non ha soluzione: i debiti devono essere cancellati”.

Il Terzo Mondo pareva fermo nel suo cammino per la conquista della dignità.

 

La controrivoluzione neoliberista

 

Come agli inizi del secolo XIX la Rivoluzione Francese ebbe la sua contropartita controrivoluzionaria nella restaurazione assolutista contro la volontà del Terzo Stato, negli anni ’70 del secolo XX cominciò una controrivoluzione di taglio finanziario contro la volontà del Terzo Mondo. 

La crisi del sistema fordista, l’abbandono della parità con l’oro da parte della Riserva Federale degli USA nel 1971 e l’impossibilità degli stati di gestire la stagflazione (prodotti della crisi del petrolio nel 1973) con  politiche tradizionali di taglio keynesiano, crearono il brodo di coltura necessario per un giro radicale nell’economia internazionale. Le nuove stelle del firmamento economico, Friedman ed Hayek, illuminati dallo splendore del Nobel dell’economia, avrebbero spinto il pianeta verso il modello neoliberista. La tradizionale politica di pieno impiego sarebbe stata abbandonata per la necessità di mantenere bassi i tassi di interesse, le IFIs (Istituzioni Finanziarie Internazionali, n.d.t. - Banca Mondiale e Fondo Monetario internazionale) avrebbero obbedientemente mutato negli anni ’80 le loro politiche keynesiane con quelle neoliberiste, e la liberalizzazione dei mercati si sarebbe trasformata nella più grande delle necessità. “La rivoluzione keynesiana era passata a miglior vita. Nella storia dell’economia, all’era di John Maynard Keynes  successe quella di Milton Friedman” (5) o, come scrisse Harvey: “Il neoliberismo sorse come progetto politico per ristabilire le condizioni di accumulazione di capitale e restaurare il potere delle élites economiche” (6).

 

La restaurazione contro il Terzo Mondo era in marcia. Le IFIs si sarebbero fatte guidare da criteri neoliberisti, sempre più università di “prestigio” sarebbero diventate fans dei “Chicago Boys” e gli stati egemonici, Regno Unito e USA, avrebbero avuto i loro più solleciti apprendisti del “nuovo ordine economico” nelle figura della Thatcher e di Reagan. Questa moderna “Santa Alleanza” avrebbe innovato le armi finanziarie: indebitamento in dollari dei paesi poveri attraverso il riciclaggio dei petrodollari e di prestiti attraverso la Banca Mondiale (7), aumento deliberato dei tassi di interesse da parte della Riserva Federale (8) degli USA e speculazioni con le materie prime che ne avrebbero provocato la caduta dei prezzi sui mercati internazionali. La frattura si ebbe nel 1982: il Messico si sarebbe dichiarato in default, lo avrebbero seguito Argentina e Brasile. La crisi del debito del Terzo Mondo era scoppiata. Il seguito sarebbe stato le tristi tribolazioni delle Politiche di Aggiustamento Strutturale (PAE) del FMI e la funesta storia dei “decenni perduti” per i popoli del Sud.

“Il rapporto della Commissione del Sud, pubblicato nel 1990, concluse che le strategie di tagli strutturali della globalizzazione spinta dal FMI indebolirono il Terzo Mondo come forza politica. La UNCTAD, il G77, il NOAL e altri fori e organismi internazionali si sarebbero diluiti fino a divenire insignificanti. Non sarebbe rimasta in piedi alcuna forza politica credibile che si battesse per l’abolizione del debito o per una strategia di aiuto sociale per il pianeta nel suo insieme. Il Sud non avrebbe più avuto alcuna forma di controllo  sul Nord e non aveva neanche la capacità di introdurre e attivare questioni di interesse collettivo. Il Terzo Mondo, per dirla così, si era dissolto” (9).

 

“Siamo gli eredi di tutte le rivoluzioni del mondo”

 

Nel tramonto del Terzo Mondo come progetto politico, un’ultima eco disperata di ribellione si sarebbe udita nella voce di Thomas Sankara, leader rivoluzionario del Burkina Faso.

Nel foro della 25° Conferenza del Vertice  dell’Organizzazione per l’Unità Africana (OUA) ad Addis Abeba del 29 luglio 1987, Sankara pronunciò un pesante discorso contro il debito estero dei paesi africani (10). “Il debito è un meccanismo di neo-colonialismo”, “i paesi del Terzo Mondo non sono responsabili dei loro debiti” e “il pagamento del debito presuppone la morte dei popoli del Sud. Conclusione: il debito non si deve né si può pagare”.

Per questo Sankara propone all’assemblea di creare “il club di Addis Abeba” in opposizione al “Consenso di Washington” e dice alcune parole che sembrano essere profetiche: “Se il Burkina Faso rimane solo a rifiutare il debito, io non ci sarò alla prossima conferenza”.

Sankara rimase solo in quel vertice. Sankara sarà assassinato in Burkina Faso due mesi dopo, il 15 ottobre, grazie ad un colpo di stato traditore organizzato dal suo “compagno d’armi” Compaoré appoggiato dalle potenze occidentali.

 

Fine del Terzo Mondo? Fine della Storia, come assicurava Fukuyama dopo la caduta del Muro di Berlino nel 1989?

 

Poco tempo prima, nella 39° Assemblea dell’ONU del 4 ottobre 1984, Sankara dichiarava di sentirsi di parlare in nome di tutti gli “abbandonati” perché niente di umano gli era estraneo. Di voler essere “erede di tutte le rivoluzioni del Mondo”, di avere coscienza che i popoli oppressi del pianeta avevano imparato dalla Rivoluzione Americana e Francese, e di tutti i processi di liberazione nazionale. E, quindi, che “solo la lotta libera” (11).

Le “nazioni oscure” non potranno mai essere sconfitte, perché mai si potrà far tacere quel remoto grido di libertà dei suoi popoli che i “giacobini neri” gridarono alla nascita del Terzo Mondo: “libertà o morte!”.

 

Note:

 [1] Articolo di Sauvy: http://www.homme-moderne.org/societe/demo/sauvy/3mondes.html

[2] Risoluzione 1514 (XV): http://www.un.org/es/comun/docs/?symbol=A/RES/1514%28XV%29

[3] Prashad, V. (2012) Las naciones oscuras. Una historia del Tercer Mundo. Barcelona. Ediciones Península.

[4] Discorso di  Fidel Castro come rappresentante del  NOAL nella 31° sezione  dell’Assemblea Generale dell’ONU del 1979: https://www.youtube.com/watch?v=9N1LGKNRzXs

[5] Galbraith J.K. (1989). Historia de la economía. Barcelona. Editorial Ariel.(pg. 300)

[6] Harvey D. (2005) Breve historia del neoliberalismo. Madrid. Akal. (pg. 24).

[7] Nel 1970 gli Stati a bassa rendita dovevano alle IFIs 25.000 milioni di dollari.  Nel 2000 523.000 milioni. Durante questi decenni quei paesi pagarono 550.000 milioni di interessi sul debito basati su  prestiti contratti per 540.000 milioni e ancora continuano dovendo 523.000 milioni.  Prashad, V. (2012) (pg. 457)

[8] La Riserva Federale passò da tassi di interesse del 2% nel 1970 ad un 8,1% nel 1981. Toussaint E. y Millet D. (2009) 60 preguntas. 60 respuestas sobre la deuda, el FMI y el Banco Mundial. Barcelona. Icaria. (pg. 77)

[9] Prashad, V. (2012)(pg. 259)

[10] http://cadtm.org/Discurso-de-Thomas-Sankara-sobre

[11] Discorso in francese: https://www.youtube.com/watch?v=Mv5TPUL1NcU.

 

(*) Antropologo ed economista spagnolo; da: rebelion.org; 19.10.2015

 

(traduzione di Daniela Trollio Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli” Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni)

 

 

 

 

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