UCRAINA

 

L’Impero del Caos in cerca del Nobel della stupidità

 

di Rafael Poch (*)

 

 Come l’avventura occidentale in Ucraina contribuisce ad una nuova bipolarità. 

 

L’Ucraina conferma che stiamo entrando in pieno nella fase degli “imperi combattenti”, fase superiore della stupidità umana del secolo XXI.

 

In Occidente l’ “Impero del Caos” - con gli Stati Uniti in prima fila (là in vista le sue opere: Iraq, Afganistan, Libia e Siria) - continua disposto a riaffermarsi militarmente. In Europa l’Unione Europea si conferma suo fedele compare e, nonostante la crisi riduca i suoi bilanci militari, cerca di ampliare la sua presenza in Africa e Europa Orientale, mentre la Germania sale dal mucchio rivendicando apertamente il controllo militare delle risorse globali e una “politica estera più attiva”. 

 

L’unico programma che questo “Impero del Caos” offre agli imperi emergenti dell’Oriente, i BRICS come Russia e Cina, è la “completa sottomissione”, spiega Samir Amin, ma nè Russia nè Cina accettano questo programma.

 

 In Ucraina la Russia ha detto basta. Era disposta a convivere con un’Ucraina neutrale, ma non con un protettorato occidentale puntato contro di lei, cosa che spezza a metà il paese e lo spinge al conflitto interno. Attraverso l’annunciata privatizzazione del settore energetico ucraino, i rubinetti delle vene attraverso cui fluisce il grosso dell’esportazione energetica russa rimarranno in mano agli Stati Uniti (ci sono imprese coome Chevron coinvolte) e l’inequivocabile prospettiva dell’ingresso nella NATO trasforma l’accerchiamento militare della terra ancestrale russa in un peso insopportabile. 

 

La ribellione della Russia presuppone una svolta nella condotta di questo paese per più di vent’anni, che ha costantemente ceduto alle violazioni di linee rosse,  segnate da Mosca e oltrepassate senza cerimonie dall’Euroatlantide. Questa svolta viene vista come una sfida intollerabile che bisogna punire esemplarmente, ma Mosca non può fare retromarcia, senza rischiare lo sgretolamento del regime di Putin. “L’importante non è l’Ucraina in se stessa, ma la sfida che la svolta presuppone” dice Fedor Lukianov (1). 

 

La revisione dei “risultati” della Guerra Fredda è inammissibile in Occidente.

 

Quel risultato, che Gorbaciov immaginò come un accordo tra galantuomini per costruire una sicurezza continentale integrata in Europa (Carta di Parigi, novembre 1990), fu trasformato dalla Euroatlantide in una disonesta e travolgente offensiva sul terreno liberato da uno dei due gangsters a beneficio dell’altro.

 

I dirigenti russi erano allora troppo occupati a riempirsi le tasche con la privatizzazione e il saccheggio del patrimonio sovietico. Un insieme di ingenuità, confusione, ruberie e prepotenza.

 

L’Occidente considera ora inammissibile rivedere quell’eccezionale conglomerato e vuole punire la Russia. Ma, come farlo senza spingerla tra le braccia della Cina? 

 

Il problema dell’Ucraina è appena iniziato e già la Cina si affaccia quale vincitrice. Il suo presidente Xi Jinping questa settimana passeggia per l’Europa, ispezionando il panorama del sub-impero occidentale; Olanda, Francia, Berlino, Bruxelles, un rosario di vecchie capitali coloniali unite, in un’orchestra ogni volta più stonata, attorno al proposito di fermare i vecchi e i nuovi imperi emergenti. 

 

I tentativi di far sì che la Cina condanni la Russia per la Crimea sono stati vani. Pechino si è astenuta riguardo alla poco entusiastica condanna della Russia all’ONU e ha espresso una certa prudente comprensione verso l’atteggiamento di Mosca.

 

La Cina non ha interessi propri nella questione dell’Ucraina” ha detto Xi a Berlino. La crisi di quel paese “deriva da una storia molto complessa e da realtà attuali” ha sottolineato. Ci sono delle similitudini. 

 

Se la Russia di Putin non è quella di Yeltsin e di Gorbachov, nemmeno l’attuale Cina di Xi Jinping è quella di Deng Xiaoping. La dottrina cinese, ha spiegato Xi durante una cerimonia avvenuta giovedì nella Korber Stiftung di Berlino, continua ad essere il rifiuto di diventare una potenza egemonica. La Cina non vuole trattare gli altri nel modo in cui essa stessa è stata trattata dalle potenze occidentali e dal Giappone fino a Mao.

 

Ma Pechino – e questa è la novità – sta anche segnando linee rosse nel Mar della Cina e avverte sull’accerchiamento di cui è oggetto, mentre l’Impero del Caos sbandiera lo spostamento del grosso delle sue armate verso Oriente.

 

Non vogliamo essere egemonici, ma neppure ci lasceremo colonizzare o schiacciare da altre potenze com’è successo in passato” ha risposto Xi ad una domanda sul crescente bilancio militare cinese.

 

 Come con la Russia, gli Stati Uniti incalzano la Cina proprio a casa sua. Il ritorno al conflitto e la tensione in Europa non dispiacciono a Pechino. Tolgono energie allo scenario asiatico. Nonostante l’Europa non possa fare a meno del gas russo, la mera insinuazione di rappresaglie contro Mosca sul piano energetico spinge la Russia verso la Cina. 

 

Le relazioni tra Mosca e Pechino sono di enorme sfiducia, ma negli ultimi anni le pressioni e il peso euroatlantici sulla Russia hanno ormai ottenuto di sbloccare e migliorare i vecchi contenziosi russo-cinesi sul prezzo e le infrastrutture del gas di cui la Cina ha bisogno.  

 

E’ da tempo che Mosca, crescentemente disingannata sull’Europa e implicata in un  progetto ideologico neocons-slavo-ortodosso, guarda di più a Oriente. Ma questo sguardo va al di là della Cina e comprende gli avversari di Pechino nella regione, in primo luogo Giappone e Corea del Sud, soci e alleati militari di Washington. Mosca tenta con offerte e progetti energetici Tokyo e Seul, ma Washington fa pressioni perchè non avanzino.

 

Il problema è che – nel dissuadere il Giappone e la Corea del Sud da qualsiasi affare energetico con Mosca – gli Stati Uniti stringono ancor più l’alleanza tra Russia e Cina: trasformano quello che poteva essere una semplice deriva russa verso Oriente, strategicamente diversificata, in una unilaterale e concreta deriva verso la Cina, cioè in qualcosa che consolida un blocco. 

 

Il calcolo di Pechino è il 2020: per allora il rapporto con gli Stati Uniti sarà di tipo militare. Sicuramente a Pechino si ritiene che l’Impero del Caos non li lascerà in pace senza creare una crisi militare. La risorsa millitare della Cina – il potenziale in cui sta investendo la sua difesa – è accecare l’armata dell’Impero del Caos attaccando tutto il sistema spaziale di satelliti, senza i quali il principale esercito del mondo non può pù vincere in una di quelle guerre di computer con centinaia di migliaia di vittime per l’avversario e zero vittime nel proprio campo a cui è abituato.

 

Per quando accadrà questo, le forniture energetiche – che oggi giungono in Cina attraverso vulnerabili vie marittime controllate dall’avversario, saranno garantite continentalmente via Russia.

 

 All’Unione Europea e alla Germania questo va bene. Bruxelles vuole annunciare in giugno una strategia per “diminuire la propria dipendenza energetica dalla Russia”. Con questo contribuisce alla stessa cosa: creare un nuovo mondo bipolare.Euroatlantide contro Eurasia.

 

Questo non è lo scenario della Russia, nè della Cina, nè dei BRICS in generale ma - a quanto pare - è l’unico programma di cui l’Impero del Caos dispone.

 

Tenendo conto delle sfide del secolo – il picco petrolifero e demografico, le enormi incerezze che la disuguaglianza e il riscaldamento globale annunciano – è un vero premio Nobel della stupidità. 

 

(1) Direttore di Russia on Global Affairs.

 

 (*) Giornalista, è stato per 25 anni corrispondente dall’Europa dell’Est per il quotidiano di Barcellona “La Vanguardia”. Da 6 anni è corrispondente dalla Cina; da: kaosenlared.co; 16.4.2014. 

 

(traduzione di Daniela Trollio Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”

 

Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni)

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