UCRAINA

 

Ucraina: le opzioni di Putin e di Obama

di Nazanin Armanian (*); da: lahaine.org; 17.3.2014 

Quelli che negli USA pensavano che prendere l’Ucraina sarebbe stato tanto facile quanto con l’Afganistan, il Sudan o la Libia, si stanno rendendo conto del pantano in cui si sono ficcati.

Sorprende che non avessero messo in conto la reazione decisa di Mosca, e neppure il rifiuto dei loro soci europei di appoggiare il loro piano di scontro con la Russia.

Il tradimento dell’Amministrazione Clinton del patto sottoscritto tra George Bush padre e un ingenuo Mikail Gorbaciov - in cui gli USA promettevano di non inserire gli ex stati del Patto di Varsavia nella NATO – continua oggi con il tentativo del Pentagono di destabilizzare l’Ucraina, un altro trampolino per smembrare la Russia.

 

La recente rivelazione della BBC del fatto che i leaders europei sapevano che i franchitiratori che sparavano contro i manifestanti in piazza Majdan erano dell’opposizione e non delle forze governative, non si deve ad un attacco di sincerità.

 

Mostra che l’Occidente sta seguendo la vecchia strategia che applicò all’Afganistan: prima inviò le forze parafasciste dei Muyahidin e dei talebani, chiamandoli “quelli che lottano per la pace” a spianare il paese e far vedere che si trattava di forze locali che lottavano per la “libertà” e non di una odiosa potenza straniera. Poi cominciarono a demonizzarli come “terroristi misogini e il più grande pericolo per la pace mondiale”, che commettevano gli atti più atroci contro la popolazione, per poi presentare se stessi come salvatori e civilizzatori e giustificare la “missione umanitaria” con l’obiettivo reale di occupare militarmente il cuore dell’Asia Centrale. 

 

Ma ... sorpresa: la Russia di oggi non è quella del 2001, e se allora non potè reagire all’assaldo dei militari alla sua zona di influenza, oggi risponde alla sfrontatezza di Washington (che equivale ad un intervento della Russia in Texas) e entra a pieno titolo nella crisi politico-militare più grave degli ultimi decenni.

 

Il governo golpista di Arseniy Yatsenyuk - che ha fatto entrare 6 membri del partito fascista Svoboda nel suo gabinetto, ha messo fuori legge il Partito Comunista e il Partito delle Regioni, l’uso della lingua russa nelle scuole e sui mezzi di comunicazione, come anche il possesso della doppia nazionalità russo/ucraina – riceverà un “riscatto” del FMI e degli USA (il cui Congresso ha rifiutato di approvare una legge per sostenere i propri soldati feriti nelle loro maledette guerre, o per ampliare le prestazioni sociali ai disoccupati, o salvare la città afroamericana di Detroit, affondata dall truffa bancaria). Esso sarà incaricato di applicare nuovi e duri tagli, aggravando ancor più la profonda crisi economica che il paese soffre, mentre il panico si estenderà ad altre città provocando la fuga di migliaia di famiglie minacciate dalle bande armate fasciste.

 

La cortina di fumo della resistenza patriottica alla “invasione russa” e una guerra (a bassa intensità?) serviranno a nuovi governanti golpisti per ignorare o schiacciare le rivendicazioni sociali dei lavoratori.  

 

Le guerre sono sempre state un buon canale per dissimulare la crisi interna. 

 

Al momento, il “tradimento” della Crimea, che consiste nel volersi  separare dall’Ucraina, sta smontando il piano di USA e Germania per impadronirsi del controllo del paese più importante per la sicurezza nazionale russa. 

 

Le carte di Obama

 

Gli USA soffrono la sindrome dell’ “imperialismo illimitato” cone la soffrivano i monarchi dell’impero persiano o romano, Alessandro Magno, Napoleone o Hitler: non sanno quando fermarsi per salvare almeno quanto conquistato.

 

Obama, che stava riconoscendo i limiti del potere statunitense nel mondo – tirandosi indietro rispetto all’attacco alla Siria (dopo che la Russia aveva distrutto i due missili lanciati dalla base di Rota, in territorio spagnolo), ritirando le sue truppe dall’Iraq e dall’Afganistan dopo le perdite subite – deve affrontare ora la terribile pressione dei repubblicani. Viene accusato di mancanza di leadership  in politica estera – nei casi dell’Iran e della Siria, e adesso dell’Ucraina – e gli viene chiesto di fissare una “linea rossa” per tornare a intrappolarlo e a fargli perdere prestigio, sapendo che manca di un’alternativa efficace. Anche se sono “neocons” sono coscienti che qui non si può utilizzare una forza militare ma gli chiedono lo stesso, letteralmente, di “dare un paio di schiaffoni” a Putin. 

 

Come?

 

  • Non assistendo al prossimo vertice del G8 a Soshi. Non è altro che un gesto diplomatico. Neppure Putin assistette alla riunione celebrata nel 2012 a Washington.

  • Espellerlo dal G8: ma la Cina non è membro di questo gruppo e questo non le è di alcun pregiudizione per la sua economia.

  • Boicottare la sua economia: nessun cliente della Russia è disposto a seguirlo, dal Giappone, passando per Brasile, Cina, India e Sudafrica soci della Russia nel BRICS, fino agli alleati europei che sono consumatori del gas russo. Si tratta di un paese che è uno dei pilastri dell’economia globale. Persino una società statunitense come Pepsico, che nel 2010 ha comprato la società Wimm-Bill-Dann, leader del settore alimentare russo, ne avrebbe un impatto negativo.

  • Cedere in Siria in cambio di concessioni all’Ucraina. Che succede con l’opinione di Arabia Saudita e Iran, i due attori principali in quello scenario con la propria agensa, slegata da quella di Mosca?

  • Espellerlo dall’Organizzazione Mondiale del Commercio e dall’Organizzazione di Cooperazione e Sviluppo Economico. Il problema è che gli altri membri di queste organizzazioni non appoggiano questa misura.

  • Proibire l’entrata di Putin (il nuovo Bin Laden) e di altri russi di un certo peso nell’Unione Europea e negli USA, come gesto per danneggiare la loro reputazione. Misura disperata e inutile.

  • Rinunciare all’integrazione dell’Ucraina nella NATO e accordarsi con Putin in cambio del suo ingresso nella UE (nonostante la malavoglia di Bruxelles). Inoltre, pensandoci bene, Obama ha bsogno della cooperazione di Putin per contenere il presunto programma nucleare dell’Iran o completare la ritirata dell’arsenale delle armi chimiche della Siria.

  • Fomentare una guerra civile, armando e addestrando gli estremisti in applicazione della tattica  “dirigere da dietro”(“leading from behind”), dando un ruolo da protagonista agli alleati europei (come la Francia in Libia e Mali, la Turchia in Siria, e Polonia e Germania in Ucraina). Sotto la maschera di “consiglieri militari”, gli infami ufficiali della Blackwater (ora Academi) pattugliano e strade di città filo-russe come Odessa, Kharkov o Donbas con l’obiettivo di farla finita con la resistenza al colpo di stato, diffondere il terrore e sostenere il nuovo governo.

  • Risposta militare come ultima opzione. Dato che le misure non militari non spaventano i russi, Obama ha rafforzato gli effettivi di stanza in Lituania, Lettonia, Estonia e Polonia, così come le navi da guerra nel Mar Nero e gli aerei da combattimento nel Baltico. Forse il presidente si è dimenticato che la Russia è una potenza nucleare e non un Afganistan senza un elicottero come quando lo invasero nel 2001.

    Gli assi di Putin

  • Dichiarare l’Ucraina zona libera dalla NATO, come sua “linea rossa”.

  • Rendere la vita impossibile al nuovo governo di Kiev, chiedendogli indietro i 2 mila milioni di dollari che questo paese gli deve, e aumentargli il prezzo del gas.

  • Realizzare una “missione umanitaria” inviando l’Esercito a protegere i cittadini russi in pericolo. Al contrario di Obama, che manca di appoggio popolare per una iniziativa militare, Putin ha già l’autorizzazione del parlamento e del popolo all’uso della forza militare in Ucraina.

  • Tagliare la Strada Nord (quella Sud è dal Pakistan) che permette alla NATO di usare il suo territorio e gli alleati dell’Asia Centrale per portare l’equpaggiamento militare in Afganistan. Senza questa strada sarebbe impossibile la ritirata delle malmesse truppe, prevista per dicembre.

  • Inondare il mercato con i “pagherò” del Tesoro americano.

  • Rendere visibile l’appoggio della Cina. Pechino sa che la nuova strategia della NATO – tracciata a Lisbna nel 2010 – comprende la riduzione dello spazio europeo della Russia, obbligandola a espandersi dalle sue frontiere oriendali, provocando uno scontro con la Cina, che già si sente molestata dalla rivalità con i russi in Asia Centrale.

  • Rafforzare la sua flotta in Crimea, che è lì per la stessa ragione per cui la V Flotta USA sta nel Bahrein.

  • Espandere le sue basi navali in Ucraina in risposta all’espansione a est della NATO.

  • Utilizzare la Crimea per destabilizzare l’Ucraina, sia applicando il metodo Kossovo con una indipendenza formale, sia applicando quello di Taiwan.

  • ‘Scongelare’ l’invio di missili S-300 all’Iran e mandare più aiuti alla Siria.

    La decisa e inaspettata risposta del Cremlino in Crimea rispetto a quanto successo in Ucrania mostra che Putin correrà qualsiasi rischio per mantenere l’Ucraina nella sua orbita. Sa che dopo piazza Majdan, John McCain e compagnia bella potrebbero sbarcare nella Piazza Rossa di Mosca.

    La gravità della situazione sta nel fatto che le armi sono in mano ad alcuni pazzi negli USA, che possono scatenare una grande guerra, anche se per mera imprudenza o per errore. 

    C’è in gioco niente meno che il controllo dell’Eurasia, quello che lo stratega britannico Mackinder chiamà “The Heartland”, il Cuore del Mondo, imprescindibile per dominare il mondo. 

     

    (*) Politologa ispano-iraniana.  

     

    (traduzione di Daniela Trollio Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”

    Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni)

     

     

     

     

 

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